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Le mosse del governo tra Termini Imerese e modello Pomigliano

Il neo super ministro allo Sviluppo economico (ha anche la delega ai Trasporti) Corrado Passera, ha preso la questione di Termini Imerese molto sul serio. E ha deciso di convocare la parti per discutere del futuro dei 2mila operai che, da giovedì, non hanno un lavoro. Domattina incontrerà Invitalia, advisor del dicastero, i sindacati, Dr Motor, interessata – pare – a rilevare lo stabilimento, e i vertici Fiat. «L’obbiettivo di Passera è chiaro. Non lo sono altrettanto gli strumenti coi quali intende perseguirlo», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net Stefano Cingolani, giornalista specializzato in politica estera ed economia. Il quale fa presente che, ieri, «anche il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha detto che la Fiat non deve abbandonare l’Italia. Mi sembra, quindi, che non solo Passera, ma anche il governo abbia dato inizio a un’azione di moral suasion, fondandola, in particolare, su un’azione congiunta dei titolari di Lavoro e Industria». Pressione che, tuttavia, si inserisce in un quadro piuttosto complicato: «anzitutto – spiega Cingolani -, perché Marchionne ha fatto intendere chiaramente che dal modello Pomigliano non si torna indietro, e vuole applicare quel contratto a tutti gli stabilimenti; inoltre, proprio oggi Automotive News, autorità mondiale in materia, ha rivelato che Fiat taglierà la produzione, in tutta Europa, di 300mila auto».
Passera, riferendosi a Intesa Sanpaolo e Alitalia, aveva parlato di realtà di sistema, troppo importanti, cioè, perché l’Italia vi possa rinunciare, e necessarie alla sua economia complessiva. «Credo che applicherà a Fiat il medesimo concetto. Concretamente, è difficile stabilire cosa possa significare nel caso dell’azienda torinese». Ciò che, infatti, è sicuro è che non si può certo costringere Marchionne a rimanere in Italia con la forza. «Passera potrebbe attivarsi per trovare delle alternative produttive, mobilitando imprenditori, partner e investitori – sia italiani che esteri – per gestire la conversione degli stabilimenti da un settore produttivo all’altro. In questo, in ragione della sua esperienza e del suo carnet di rapporti, potrebbe avere maggiore successo dei suoi predecessori». In ogni caso, ribadisce Cingolani, «ciò che è certo è che, al momento, una strategia ben precisa non esiste. Per il momento, sta ancora sondando il terreno e cercando di gestire la fase di transizione; e, per Termini, cercando di evitare i licenziamenti».
Non solo: «Nello sforzo di individuare una strada da percorrere per favorire la riconversione di alcuni siti produttivi, rientra anche Pomigliano d’Arco, dove non è chiaro a nessuno cosa si intenda fare». Che si torni all’epoca degli incentivi statali, non è escluso. «Tuttavia, come troveranno le risorse necessarie è ignoto. D’altronde, si potrebbe scatenare un effetto a catena, in cui molte altre aziende chiederebbero di accedere a tali incentivi».

Fonte: Sussidiario.net del 25 novembre 2011

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