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Le illusioni franco-italiane e la grande slavina

Il 23 maggio, al vertice straordinario dei Capi di Stato e di governo dell’Unione europea, Francia ed Italia formalizzeranno la proposta di “socializzare” parte del debito pubblico convertendolo in “eurobonds” garantito da tutti i Tesori dell’eurozona. È tema che Il Velino ha trattato spesso negli ultimi anni: come è noto, sul tappeto esistono tre proposte tecniche ma la Cancelliera Merkel ha già detto un sonoro “NO” a tutte e tre. Non si tratta di una idea sua o di un capriccio: il Bundestag che dovrebbe ratificare un’eventuale garanzia della Repubblica Federale ai “bonds” ha già fatto sapere che voterebbe contro. Non solo, la Corte costituzionale della Repubblica Federale ritiene che prima di varare gli “eurobonds” occorrerebbe modificare la Carta Fondamentale. La proposta franco-italiana ha, quindi, come principale obiettivo, quello di fare parlare i giornali, per dire che Francia ed Italia ce la mettono tutta e l’”egoismo” tedesco blocca le buone intenzioni. Proprio mentre il “Rapporto Istat” 2012 documenta con ricchezza di dati che i nostri mali (bassa produttività, perdita di competitività, finanza pubblica scassata, debito pubblico himalayano) ce li siamo creati con le mani nostre e nessuno (ad eccezione di noi stessi) può toglierci le castagne dal fuoco.
Sarebbe meglio se invece di andare a caccia di farfalle, ci si concentrasse sulla “grande slavina” finanziaria che ci minaccia. E che arriva all’indomani di una “grande slavina” politica che ha travolto i partiti della cosi detta “Seconda Repubblica” e che le istituzioni che non hanno avuto la voglia e la capacità di riformare.
Di che si tratta? Del rischio (molto più concreto di quanto si immagini) che il debito (pubblico) greco e (bancario) spagnolo si sciolgano contemporaneamente con una doppia insolvenza parallela. “Avrebbe conseguenze esponenziali sulle piazze europee e mondiali”, afferma Stephen Jen, che ha lavorato per anni su questi temi al Fondo monetario internazionale. Stéphane Deo della UBS aggiunte che l’uscita della Grecia dall’euro costerebbe ai contribuenti del resto dell’eurozona 225 miliardi di euro. Molto più salata l’insolvenza spagnola, i cui depositi toccano i 2300 miliardi di euro- nessuno sa quanti “titoli tossici” sono in questo ammontare ma una crisi di fiducia avrebbe conseguenze particolarmente dure per il resto del mondo. In particolare per Francia ed Italia, i cui flussi bancari sono strettamente interconnessi con quelli del maggior Paese della Penisola Iberica.
I tecnocrati di Bruxelles si gingillano con l’idea di rafforzare il Fondo Salva Stati (780 miliardi di euro) con un paio di tornate di prestiti a interesse sull’1 per cento da parte della Banca centrale europea. Un po’ come prescrivere aspirina ad un malato di cancro. Sarebbe meglio un meccanismo europeo di garanzia dei depositi bancari in Paesi a rischio come i PIIGS. Non sarebbe a carico dei contribuenti – anche delle vecchiette con la pensione sociale – ma degli istituti, i quali, dovendo pagare un premio di assicurazione, sarebbero più accorti nelle loro strategie e prassi. Tuttavia, le banche dei Paesi nordici fanno orecchi da mercante, temendo di essere tirati dentro. E, secondo i labirintici corridoi dell’eurocrazia, lo farebbero anche le banche italiane che non sarebbero ancora adeguatamente capitalizzate.
Mentre si va a caccia di eurobonds, si spera in qualche Buon Samaritano e la commissione Europea è come sempre impegnata in onanismo finanziario, la grande slavina avanza minacciosa.

Fonte: Il Velino del 22 maggio 2012

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