• sabato , 23 Novembre 2024

Le centrali nucleari fra pubblico e privato

Caro Direttore,
tocca molti argomenti Mario Pirani nel suo “Perché è possibile rinunciare al nucleare”: i deleteri effetti di una “propensione prometeica” a sviluppo e profitto; un’efficienza energetica accelerata oltre a quanto già quotidianamente constatiamo, dalle lampadine alle autovetture, dagli isolanti agli elettrodomestici; la possibilità, senza il nucleare, di sostenere uno sviluppo, inevitabilmente energivoro, che coinvolga anche chi oggi ne è ai margini, e ciò finché arriverà (se arriverà) la fusione nucleare; la definizione degli obbiettivi, dato che a una centrale si chiede di produrre energia e non posti di lavoro. Temi su cui si può consentire o dissentire ( e io dissento su tutti).
Ma l’amico Pirani cade in contraddizione, quando incolpa il passaggio del nucleare nel settore privato “dell’attenuarsi dei controlli, del rinvio delle revisioni indispensabili” . A parte il fatto che il disastro di Chernobyl non sembra imputabile né all’avidità del profitto né alla malvagità del mercato, se il pubblico, come Pirani denuncia, è incapace di esercitare la sorveglianza quando i suoi interessi sono disallineati da quelli dei privati, perché mai dovrebbe dare garanzia di trasparenza, efficienza, affidabilità quando, gestore e controllore di se stesso, si trova in conflitto di interessi? Nuclearista convinto, solo la prospettiva di un nucleare pubblico potrebbe farmi considerare di attraversare la “linea di confine”.

Fonte: Repubblica del 22 marzo 2011

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