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Le banche tornano al 1936

Bruxelles pensa a separare lo sportello dal borsino. Come il mondo fece nella Grande Depressione degli anni Trenta..
Grande crisi chiama grande crisi. Così come fecero gli americani nel 1933 con il Glass-Steagall Act, imitati dagli italiani con la Legge bancaria tre anni più tardi, l’Europa torna a proporre che gli istituti di credito costruiscano un muro per dividere le attività più tradizionali da quelle di trading e ad alto rischio, in modo da limitare i rischi per i risparmiatori ed evitare di far gravare su di loro gli effetti di eventuali nuovi tracolli. «E’ necessaria una separazione legale», si legge nel Rapporto del gruppo di alto livello di esperti guidato dal governatore finlandese Erkki Liikanen. In tal modo, afferma il testo, l’universo del credito potrebbe diventare più trasparente e più facile da vigilare.
Su questo si aprirà ora il dibattito, come auspicato e previsto. Nel novembre 2011 la Commissione Ue ha incaricato il gruppo di addetti ai lavori di indicare un’ipotesi di percorso di intervento strutturale sul settore bancario, col doppio obiettivo di rafforzare la stabilità finanziaria e migliorare il livello di protezione dei consumatori. Il rapporto Liikanen è arrivato relativamente in fretta e, certamente, farà discutere. Anche perché, fra le opzioni contenute, spicca anche la proposta di pagare una parte dei bonus dei banchieri in titoli di stato. Insieme con quella di porre un limite invalicabile alle retribuzioni per i manager.
La disgiunzione fra banking tradizionale e banking innovativo è però la mossa centrale per spazzar via i rischi di un nuovo 2007. Vuol dire frantumare in due gli istituti, tenere da una parte il business in cui ci sono buone ragioni per non temere disastri e quello che, per natura, comporta possibilità di ricchi guadagni come di copiose perdite. Del resto è quanto stanno facendo sulle altre grandi piazze finanziarie. In America, la Legge Volcker (dal nome dell’ex presidente delle Federal Reserve) imporrà dal 2014 alle banche dei limiti alla quantità di risorse proprie che potranno essere usate per investimenti ad alto livello di rischio. Nel Regno Unito il governo sta spingendo per adottare le raccomandazioni del rapporto Vickers, costringendo le banche fra l’attività di deposito e quella più direttamente speculativa.
Il documento Liikanen va nella medesima direzione, suggerendo di seguire la formula Volcker ed adottarla obbligatoriamente sino al momento in cui i movimenti più pericolosi rimangono sotto il 25% del giro di affari del gruppo bancario. La mossa colpire direttamente le grandi banche europee come Deutsche Bank, Barclay’s o Bnp Paribas. In misura minore, potrebbe toccare – a seconda dei contorni di applicazione – anche Unicredit e Intesa.
In parallelo, il gruppo di esperti chiede al sistema di dotarsi di «fondo di risoluzione» per gestire le eventuali crisi. La raccomandazione è in linea con quanto l’Ue ha proposto in giugno suggerendo di organizzare il Resolution fund a livello comunitario, in parallelo col varo dello schema di garanzia.
Michel Barnier, responsabile europeo per i mercati finanziari, sostiene che ora affronterà con gli stati membri e i diretti interessati i contenuti del documento Liikanen. Conto quindi di intavolare una proposta legislativa per la quale non pesa «che si bisognerà attendere sino all’estate». Funzionerà? «Dubito che possa essere fatto in fretta visto che la precedenza va al lancio dell’Unione bancaria – ha detto Nicolas Veron della thinktank Bruegel alla Reuters -. La priorità deve essere la supervisione unica, condizione centrale perché il fondo europeo salvastati Esm possa intervenire direttamente nelle banche in crisi: l’urgenza assoluta deve essere questa».

Fonte: La Stampa del 3 ottobre 2012

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