La riforma del lavoro arriva in Parlamento, ma del testo del governo cosa rimarrà? Elsa Fornero chiede di non mettere a repentaglio l’equilibrio raggiunto sull’articolo 18, e tuttavia non esclude che qualche modifica sul nodo dei licenziamenti disciplinari possa essere accettata: «Vedremo», si limita a dire. E spera che le Camere approvino la riforma con rapidità, «per dimostrare al mondo che l’Italia è un Paese in cui si può investire».
Sul provvedimento pendono però, come una spada di Damocle, ben più di mille emendamenti in commissione Lavoro della Camera. Ieri il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri è stato chiaro: «Molte cose vanno cancellate, altre corrette. Se così non sarà, il governo non conti sul nostro appoggio a norme che distruggerebbero occupazione anzich´ crearla». Alcuni fra gli emendamenti più radicali sono stati presentati dall’ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. In particolare, Sacconi propone la soppressione dell’intero articolo 3 della riforma, che modifica la disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato ora in vigore. «I contratti a termine non vanno toccati, la legge attuale è migliore», commenta l’esponente del Pdl. Sacconi propone anche la soppressione dell’articolo 9, che introduce limiti all’utilizzo di lavoratori con partita Iva che in realtà sono dipendenti. Lo stop alle novità sulle partite Iva è condiviso con il Pdl anche dalla Lega e dal Terzo polo.
La questione della scarsa flessibilità in entrata prevista dalla riforma Fornero sta particolarmente a cuore alle imprese. Spiega il vicepresidente della commissione Lavoro, Giuliano Cazzola: l’obiettivo di una rapida approvazione della legge è condivisibile, ma condizionato alla disponibilità del governo di accettare le modifiche proposte dai gruppi di maggioranza. «Bisogna realizzare – aggiunge Cazzola – un migliore equilibrio fra nuove tutele in entrata e maggiore flessibilità in uscita dal rapporto di lavoro. Senza queste modifiche, il disegno di legge avrà un impatto negativo sulle imprese e sull’occupazione».
Di tutt’altro colore un emendamento proposto dai parlamentari del Pd Paolo Nerozzi e Achille Passoni, entrambi ex sindacalisti della Cgil. La proposta di modifica prevede che anche i sindacati che non hanno firmato i contratti possano costituire la loro rappresentanza nelle sedi delle fabbriche. Si tratta, evidentemente, di un emendamento «pro Fiom». I metalmeccanici della Cgil sono attualmente esclusi dalle rappresentanze alla Fiat, in quanto non firmatari dei contratti.
Inopinatamente, nel ddl lavoro si trova anche l’ennesima penalizzazione per i proprietari di casa. la Confedilizia infatti denuncia la diminuzione dal 15% al 5% della quota del canone di locazione non soggetta a tassazione, perch´ imputata a spese varie. «Si tassano anche le spese dei proprietari che affittano – afferma Confedilizia – e ne deriveranno molte disdette dei contratti di locazione».
E dopo aver passato 5 mesi a tassare il tassabile, i partiti della «maggioranza Monti» cercano di ripulirsi la coscienza con una risoluzione sul Def votata da Camera e Senato (389 e 170 i sì) che non ha alcun effetto pratico. «Ora la priorità è la crescita», dicono i partiti, allarmati dal precipitare dei consensi fra i contribuenti-elettori. Le risorse della spending review e della lotta all’evasione devono essere destinate «prioritariamente» alla riduzione delle tasse su lavoro e imprese. È poi necessario varare un programma di dismissioni per aggredire lo stock di debito pubblico. Non manca il solito richiamo alle politiche per la famiglia, n´ all’aumento degli investimenti grazie agli Eurobond. Infine si chiede che la Bce diventi «prestatore di ultima istanza», come la banca centrale americana.
Lavoro, Pdl pronto a votare no alla riforma
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