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Lavorare stanca e ogni categoria ha i suoi problemi

“Lavorare stanca” ed ogni categoria ha i suoi problemi. A sentire le loro organizzazioni rappresentative anche i dirigenti di aziende industriali non se la passano poi tanto bene, dal momento che – sostengono – i datori di lavoro tendono a liberarsi del management il più presto possibile per sostituirlo con personale più giovane. Sarà per questo motivo che l’ex Inpdai – già storico ente previdenziale della categoria, ora incorporato, in regime di contabilità separata, dal FPLD dell’Inps – ha in proporzione il più elevato numero di trattamenti di anzianità. Comunque sia – e rifuggendo ad ogni tentazione di fare della demagogia – restiamo dell’avviso che ci deve essere necessariamente qualcosa di malato in un sistema pensionistico in cui la gestione della categoria di lavoratori meglio retribuita e collocata al vertice della piramide del lavoro subordinato (nel 2004 la retribuzione media era pari a 114.500 euro e la pensione media a 43.741 euro, quella di vecchiaia a 49.819 euro) debba ricorrere alla solidarietà collettiva (in ragione di un apporto di un miliardo di euro l’anno) per poter fare fronte ai suoi impegni. Senza riuscire, peraltro, a pareggiare i conti, visto che per il 2006 è previsto un disavanzo di 2.159 milioni di euro, un ammontare che, unitamente ai risultati negativi degli ex fondi speciali confluiti (telefonici, elettrici, trasporti) manda in rosso l’intero fondo del lavoro dipendente dell’Inps. Nel futuro – come è indicato in un recente studio del Coordinamento statistico attuariale dell’Inps riguardante l’evoluzione della situazione economico- patrimoniale negli anni dal 2005 al 2030 – le cose non miglioreranno certamente. Vediamo perché, partendo dalle rilevazioni demografiche sulla collettività degli assicurati. Al 31.12.2004 l’età media degli iscritti (in totale 65.900 di cui ben 60.324 uomini) era pari a 47,7 anni di età, l’anzianità media a 22,2 anni (a prova che si diventa dirigenti dopo un certo numero di anni di attività). Alla maggioranza degli assicurati (49,7%) si applica il sistema retributivo (con il relativo effetto premiale sull’importo del trattamento). Ma è elevato anche il numero di coloro per i quali vige il sistema misto (46,5%); pochi (solo il 3,8%) sono col calcolo contributivo. Quanto all’evoluzione degli indicatori demografici, lo studio prevede che il rapporto iscritti/pensioni, pari a 0,60 nel 2003, diverrà pari a 0,03 nel 2030: in sostanza, vi saranno 2.900 iscritti a fronte di 115.900 pensioni. Tale fenomeno non è la conseguenza della scomparsa della categoria dei dirigenti, ma del dettato legislativo che ha stabilito la chiusura del Fondo all’ingresso di nuovi iscritti. I dirigenti di aziende industriali, assunti o di nuova nomina a decorrere dal 1.1.2003, devono essere, infatti, iscritti nel FPLD secondo le regole ivi previste. L’ex Inpdai è, quindi, condannato a divenire una gestione che eroga i trattamenti pensionistici nella fase di transizione, senza poter compensare, con nuove iscrizioni, le uscite. E peggioreranno inesorabilmente – essendo una collettività chiusa – le performance di bilancio, come risulta nella tabella sottostante. Si tenga conto che solo nel 2004 (si veda il relativo rendiconto) l’ex Inpdai presentava ancora un avanzo di 553 milioni di euro.

Fonte: Mia Economia 4 gennaio 2006

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