La decisione di privatizzare lAlitalia va, senza dubbio, nel senso di uneconomia più libera e più efficiente in generale, e di uneconomia del trasporto aereo in particolare, più moderna. E anche appropriato il metodo scelto: quello di mettere allasta lazienda, chiedendo, in prospettiva, un acquisto totalitario. Le aste, però, nascondono trabocchetti . In primo luogo, un capitolato molto restrittivo (e che non tenga conta delle esigenze di urgente risanamento finanziario e industriale dellazienda) potrebbe portare a restringere eccessivamente la concorrenza, nella speranza forse di dare limpresa a qualche buon samaritano ma con il risultato di favorire i bracconieri che sempre si annidano quanto è in ballo la cessione di un bene e soprattutto di unindustria pubblica. Nel 1865 o giù di lì, per la doppia inaugurazione del Canale di Suez e del Teatro dellOpera Cairo, il Khedivé dEgitto stabilì un capitolato così restrittivo che in pratica ci fu una sola offerta , quella di Giuseppe Verdi. Il risultato fù Aida (di cui tanto si parla in questi giorni) ma don Peppino Verdi (che non era né un buon samaritano né un bracconiere) si arricchì oltre ogni previsione tanto da creare la casa di riposo per musicisti anziani, oggi ancora in funzione al centro di Milano.
Non si vedono buoni samaritani vogliosi di accollarsi Alitalia (unazienda tecnicamente fallita ha documentato Carlo Scarpa in un saggio recente ed eloquente) senza potere riorganizzare lazienda per tenere conto che il traffico aereo ha vissuto cambiamenti strutturali giganteschi: tecnologici (negli aerei, nei sistemi di prenotazione, nella gestione del traffico aereo); di modello di business (i low cost); di regolamenti (la caduta delle barriere in Europa e a breve con lUsa). Ci vogliono imprenditoriali, e libertà di implementarle. Il mondo, non solo del trasporto aereo, è, invece, pieno di bracconieri , pronti a impossessarsi (al più basso costo possibile) dellazienda per cederne rami , dopo un lasso di tempo relativamente breve, e portare i libri in tribunale o mettere in liquidazione per ciò che resta. In breve, il ripetersi della vecchia commedia Take the money and run, Prendi i soldi e scappa.
Dal capitolato, quindi, sarebbe saggio eliminare tutte quelle clausole che nella speranza di attirare buoni samaritani aprono, al contrario, la strada ai bracconieri: impegni (difficilmente mantenibili) sui livelli occupazionali, italianità, possibilità di doppio hub e molti altri aspetti. Occorre aggiungere, però, paletti su qualità del servizio e indicatori monitorabili di competitività.
Occorre soprattutto non cadere nella trappola di unasta al ribasso o simili . E un tema di cui non si parla in questi giorni ma è la soluzione per superare molti trabocchetti. La strada è quella di unasta alla Vickrey, dal nome delleconomista William Vickrey , che per lidea prese il Nobel nel 1996. Ipotizzando lefficienza come obiettivo del policy maker venditore, il premio Nobel Vickrey dimostrò che il meccanismo per garantirne il raggiungimento è quello della second-price sealed auction, in cui tutti le offerte vengono comunicate contemporaneamente . Vincer lofferente con la massima offerta, in cambio del pagamento del secondo prezzo più alto. Lefficienza viene garantita, in quanto il bene viene allocato al compratore che ne dà la massima valutazione e, per giunta, i bidders non hanno incentivo a fare i bracconieri dichiarando il falso. Per i dettagli si veda il volume curato da Nicola Dimitri, Gustavo Piga Giancarlo Spagnolo Handbook of Procurement Fostering Participation in Competitive Procurement appena pubblicato dalla Cambridge University Press ( anche se i suoi autori sono tutti italiani).
L’asta Alitalia nasconde tante trappole
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