Abbiamo l’ occasione di proporre soluzioni per il Nord al di fuori del modello secessionista.Il centrosinistra deve metabolizzare le trasformazioni socioeconomiche E i debiti degli enti locali sono un ostacolo alla strategia.Incontri bilaterali, un vertice a Venezia lancerà la sfida. Boeri Centrosinistra alla guida del 65% della popolazione nelle città del Nord Gabellini Non più riqualificazione delle periferie, ora ci sono le conurbazioni.
Alla fine tutti d’ accordo che la trasformazione più importante degli ultimi anni è stata proprio l’ Alta velocità, che ha reso limitrofe sia Bologna/Milano sia Torino/Milano. Così vicine da ragionare ormai in termini di «complementarietà» delle proprie iniziative. I sindaci del centrosinistra in questi giorni di luglio si stanno dando molto da fare. Solo nella giornata di venerdì 22 di incontri ce ne sono stati due: tra Marta Vincenzi e Piero Fassino a Genova e tra Virginio Merola e Stefano Boeri (in sostituzione di Giuliano Pisapia) a Bologna. In precedenza Fassino si era recato sotto le Due Torri in visita da Merola e comunque un incontro tra tutti, da tenersi a Venezia per coinvolgere Giorgio Orsoni, è in fase di preparazione. «Il 65% della popolazione urbana del Nord è amministrata da nostre giunte», è questo il dato di base da cui hanno preso il via le consultazioni bilaterali. Il primo obiettivo era tutto sommato scontato, confrontare le idee in una fase in cui essere sindaci di sinistra non sarà così facile come in passato. (Vedi la scelta della giunta guidata da Giuliano Pisapia che in fase di start up ha preso una decisione impopolare come l’ aumento del 50% del biglietto Atm). Da qui una tendenza a enfatizzare più i discorsi sulla «partecipazione orizzontale dei cittadini» (non costa!) che sulle realizzazioni concrete che hanno il difetto di assorbire consistenti risorse. Il secondo obiettivo era meno prevedibile o comunque in passato non ha mai visto in opera una consultazione tra amministrazioni: evitare di duplicare gli investimenti, di creare doppioni a un’ ora di distanza. E allora, ha detto Boeri venerdì a Bologna al seminario organizzato dalla scuola di politica Democratica, «non ha senso che Milano rivaleggi con Torino sulla Fiera del Libro o che Torino voglia sfidare Bologna sull’ editoria per l’ infanzia». Si tratta di esempi limitati a mercati di nicchia, indicano però una volontà dei sindaci di consultarsi e di evitare la gara delle inutili promesse. È ovvio che quando Torino e Bologna parlano di coordinarsi con Milano abbiano in testa anche e soprattutto l’ Expo 2015 e le possibili sinergie di territorio. Fassino e la Vincenzi hanno parlato invece di cultura e infrastrutture e il sindaco di Torino ha negato ogni contrapposizione tra la scelta a favore della Torino-Lione fatta dall’ amministrazione subalpina e il Terzo Valico Genova-Milano sostenuto dai liguri. Ma siamo sicuri che i sindaci del centrosinistra si vedano solo per razionalizzare le spese? O, specie in una fase in cui il leghismo incontra qualche imprevista difficoltà, si coltiva l’ obiettivo più ambizioso di intaccare la leadership della rappresentanza nordista? Per dare una risposta compiuta bisognerà attendere l’ incontro di Venezia e analizzare le parole d’ ordine che emergeranno. Per intanto se il decalogo Milano-Bologna, approvato dopo l’ incontro Boeri-Merola, non ha un’ intonazione settentrionalista è però vero che Fassino nella sua visita emiliana aveva detto esplicitamente che «abbiamo la grande occasione di proporre soluzioni per il Nord al di fuori del modello secessionista». Tutto si spiega con il fatto che l’ unico sindaco di centrosinistra che possa essere definito a vocazione nordista è proprio Fassino. Né Pisapia né la Vincenzi, né tanto meno Merola si sono segnalati finora per una particolare attenzione alla questione settentrionale. Le loro campagne si sono focalizzate su altri temi. A parlare di complementarietà delle scelte di territorio ci arrivano attraverso la Tav e non per una riflessione di cultura politica. Un punto di vista più vicino a Fassino ce l’ ha Boeri, che in virtù della sua specializzazione professionale di urbanista è abituato a esaminare le dinamiche territoriali. Per lanciare però una vera sfida alla Lega i sindaci del centrosinistra sono chiamati ad aggiornare il proprio lessico e i propri riferimenti. Come ha impietosamente sottolineato l’ assessore all’ urbanistica di Bologna, Patrizia Gabellini, il Pd parla ancora di «riqualificazione delle periferie» mentre ormai la dialettica centri storici-sobborghi è cambiata profondamente, sono nate nuove «conurbazioni» e le città si sono estese al punto di toccarsi. Insomma la cultura politica dei democratici non è ancora in grado di dare soluzioni ai problemi delle metropoli infinite, della fabbrica diffusa sul territorio e di quella «fase suprema» del pendolarismo che ha visto, ad esempio, in pochi anni 300 mila abitanti lasciare Milano per trasferirsi in Brianza, nel Varesotto e in zone analoghe. Boeri, in verità, sostiene che il modello molecolare fatto di capannoni e villette unifamiliari ha esaurito la sua funzione e implicitamente fa capire così che pour cause anche la narrazione leghista ha terminato le scorte. Ma il centrosinistra tutte queste trasformazioni socioeconomiche non le ha metabolizzate e basta assistere a un qualsiasi loro convegno/seminario per rendersene conto ampiamente. La «complementarietà» di cui parlano Merola e Boeri se per la politica è un traguardo, per i cittadini è già una realtà. Grazie ai treni ad alta velocità, bolognesi, milanesi e torinesi già fanno zapping urbano. Usano una città per viverci e un’ altra per lavorarci e modulano i loro comportamenti in base ai costi e ai benefici che ciascuna di esse concede loro. Confrontano, ad esempio, il costo di un abbonamento ferroviario da pendolari all’ affitto di una mono-camera nella città di lavoro. Se dalla sociologia passiamo ai temi della finanza locale gli ostacoli per il nascente asse dei sindaci emergono ancora più nettamente. Fassino ha parlato nei giorni scorsi di un necessario superamento del patto di stabilità interno che vincola gli investimenti dei Comuni ma non sarà facile condurre questa battaglia dalla postazione di Torino che risulta in testa alla classifica degli indebitati. E comunque, come insegna il caso limite Vignali-Parma, sui debiti degli enti locali non c’ è piena trasparenza, non sappiamo tutta la verità. Sono pochissimi i Comuni che possano mostrare un bilancio consolidato, comprensivo cioè della marea di società controllate e spesso indebitate. È possibile che presto o tardi qualche città debba ristrutturare il proprio indebitamento e che di conseguenza per questa via entrino in gioco altri decisivi player del Nord prossimo venturo, le grandi banche. Ma anche questo è tutto un altro film.
L’asse anti-Carroccio dei sindaci rossi
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