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l’affidabilita’ di un alleato

Gli appelli energici di Barack Obama alla Ue, le telefonate notturne coi leader europei, il pressing su Angela Merkel sono da tempo solo un ricordo per il presidente Usa. I timori di un’Italia alla deriva, di una deflagrazione dell’euro e di un pesante effetto-contagio sugli Stati Uniti, per di più alla vigilia delle elezioni Usa, non si sono materializzati. L’euro ha tenuto e, anzi, si è rafforzato anche troppo. Obama è stato rieletto con buon margine. L’Italia è ancora un Paese malato, ma non è più in rianimazione e ha riconquistato un po’ della fiducia persa sui mercati.
Non per questo, però, l’America ha smesso di guardare con preoccupazione a quello che accade in Europa e nel nostro Paese. Quando, come accadrà oggi nello «studio ovale» della Casa Bianca nell’incontro di commiato col presidente Giorgio Napolitano, Obama ragiona sulla situazione del nostro Paese, non pensa alla dialettica tra i partiti ma alla necessità di continuare a lavorare per la stabilizzazione del paziente Italia, allontanando il rischio di un deriva greca che non considera del tutto scomparsa dall’orizzonte.
In questi giorni, nel clima infuocato della campagna elettorale, le poche battute sull’Italia pronunciate dall’ambasciatore Thorne, da Caitlin Hayden, uno dei portavoce della Casa Bianca e da altri esponenti dell’Amministrazione sono state interpretate da alcuni media come un sostegno a Monti o a Bersani. Deformazione mediatica comprensibile, ma pur sempre deformazione: Obama, che non conosce Bersani, ha certo stima di Monti col quale ha anche un certo affiatamento, ma quando auspica il proseguimento della sua politica di riforme, più che a un appoggio alla sua parte politica, pensa all’esigenza che in Italia si formi una coalizione decisa a continuare lo sforzo riformatore, integrando le iniziative di risanamento dei conti pubblici con quelle di rilancio dell’economia.
La paura di Washington è che un Paese essenziale per la tenuta dell’euro e per il dialogo dell’Occidente coi Paesi del Nord Africa, finisca di nuovo in un vortice di destabilizzazione. I numeri di ieri che indicano un aggravamento della recessione europea non possono che accentuare questa preoccupazione. Da qui la speranza che dalle urne esca una maggioranza forte, indipendentemente da chi ne sarà il leader. L’unica cosa di cui si può star certi è che la Casa Bianca non si augura un successo di Berlusconi, e non per ragioni politiche o ideologiche. Prevale un ragionamento pragmatico sulle caratteristiche della sua leadership, simile a quello fatto dal ministro dell’Economia tedesco Schauble, un conservatore, in un’intervista all’Espresso.

Fonte: Corriere della Sera del 15 febbraio 2013

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