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L’Abc del rischio Italia

Ecco perché il debito pubblico italiano fa paura ai mercati. E come gli operatori, vendendo titoli del Tesoro, manifestano i loro timori. Che si riassumono nell’indicatore ormai diventato popolare: lo spread rispetto alle obbligazioni tedesche.
In Italia lo Stato, a partire dalla metà degli anni Settanta, ha accumulato debiti: ogni anno ha incassato meno, tra tasse e contributi, di quanto ha speso per stipendi dei dipendenti pubblici, pensioni, sanità e le altre funzioni tipiche dello Stato. Il debito pubblico, anno dopo anno, ha raggiunto i 1.900 miliardi di euro. La gran parte dei quali è rappresentata da titoli di Stato: Bot, Btp, Cct (quasi 1.600 miliardi). Il Pil (Prodotto interno lordo), cioè la ricchezza prodotta in un anno in Italia, nel 2011 sarà pari a circa 1.570 miliardi di euro. Per ripagare il debito pubblico bisognerebbe quindi destinare il lavoro di più di un anno intero a questo fine. Il debito pubblico italiano è il quarto al mondo in valore assoluto (dopo Usa, Giappone e Germania) e tra i più alti se confrontato con il Pil (120 per cento).
I titoli di Stato hanno scadenze diverse. Ogni mese vanno rinnovati importi consistenti di titoli, oltre a finanziare il nuovo fabbisogno, cioè il deficit tra uscite e entrate che si forma nel periodo. Gli operatori di mercato guardano con attenzione a tutti questi indicatori: l’ammontare complessivo del debito, la sua grandezza in rapporto al Pil, ma anche la frequenza con cui esso viene rinnovato. E su questo fronte il debito italiano ha un vantaggio: la sua “vita media” è di 7,2 anni, piuttosto alta rispetto agli altri Paesi. Nei prossimi 12 mesi il Tesoro dovrà comunque collocare sul mercato, solo per rinnovare quelli in scadenza, 325 miliardi di titoli.
L’indicatore più importante per capire quando il mercato sta diventando diffidente nei confronti dei titoli di uno Stato è lo spread. Ovvero la differenza tra il rendimento che gli operatori chiedono per comprare obbligazioni di quel Paese e il rendimento dei titoli dello Stato giudicato meno rischioso (in genere la Germania). Se lo spread aumenta lo Stato è considerato più a rischio. Qui sotto è riportato l’andamento dello spread tra il Btp a 10 anni e il Bund tedesco della stessa durata negli ultimi mesi. In questi giorni viene osservato costantemente anche dai media e la sua impennata riflette la caduta di credibilità del governo Berlusconi.
Il rendimento “di mercato” di un’obbligazione dipende dal suo valore: se le vendite prevalgono sugli acquisti il valore del titolo diminuisce e automaticamente il rendimento aumenta perché la cedola rimane la stessa. Se pago 90 un’obbligazione che vale 100 e ha una cedola del 3 per cento, il rendimento non è il 3 ma il 3,33 per cento. Ed è quello che è successo nelle ultime settimane: banche, fondi d’investimento e singoli investitori hanno venduto titoli italiani, il loro valore si è ridotto, il rendimento è aumentato (vedere grafico qui sotto) come pure lo spread rispetto ai titoli tedeschi (grafico qui sopra). Il significato è chiaro: poiché si rischia di più a comprare titoli italiani, il loro rendimento deve essere più alto. E questo purtroppo si riflette in un aumento dei tassi d’interesse sulle future emissioni di titoli (i 325 miliardi che abbiamo visto sopra). Di conseguenza lo Stato spende di più per gli interessi. Ma così aumenta il deficit pubblico e si aggrava il problema del debito.

Fonte: Espresso del 4 agosto 2011

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