• lunedì , 23 Dicembre 2024

La vera partita sul mandato di Fazio

Non è stata la prima e non sarà certo l’ultima volta che accade ma, certo, non è stato un bel vedere ciò che è accaduto in Parlamento, giorni fa, alle Commissioni riunite Bilancio e Attività produttive dove si doveva votare la legge sul dopo-Parmalat per il rafforzamento della tutela del risparmio, ed invece si è votato e anche gioito sul dopo-Banca d’Italia per togliere poteri antitrust alla banca centrale e imporre obbedienza di partito al Governatore Antonio Fazio.
Cosa c’entra la tutela del risparmio con il resto, obietterà il lettore . E non a torto perché c’entra nulla. Sicché proprio il fatto che c’entra nulla la dice lunga sulle reali intenzioni di chi ha voluto mettere nello stesso testo di legge tutela del risparmio, punizioni alla Banca d’Italia e falso in bilancio, in uno scenario nel quale il peggio che risiede nella opposizione di sinistra si è trovato fianco a fianco con frange del centro destra ribelli e nostalgiche del peggio della Prima Repubblica, come il Gatto e la Volpe quando si tratta di “rubare” un pasto.
Si discuteva, e dunque questo era l’ordine del giorno, del disegno di legge recante disposizioni in materia di difesa del risparmio. Una telenovela in scena da tredici mesi, da quando cadde il velo su Calisto Tanzi e Sergio Cagnotti, che riuscirono con falsi, truffe ed altre malefatte per le quali sono sotto processo, a far sparire un malloppo grande quasi quando una legge finanziaria dalle tasche di risparmiatori italiani, ma soprattutto europei ed americani.
Va detto subito che la furfantesca coppia di pseudofinanzieri non sarebbe mai riuscita a portare a termine la prima “stangata” del secolo se lacune, omissioni e ritardi non avessero riguardato le attività della Consob che vigila sulle società quotate e gli uffici audit di alcune banche che devono controllare su qualche sportellista troppo furbo.Ma non sarebbe riuscita soprattutto senza complicità a delinquere di blasonate e spregiudicate grandi banche americane.
Secondo quanto comincia a delinearsi dall’attività del commissario straordinario Enrico Bondi, e dalle inchieste della magistratura, il dolo sta proprio e tra l’altro nell’aver architettato la macchinazione contando sulle reti estere che operano all’estero, eludendo così la vigilanza, soprattutto bancaria che opera in Italia, alla quale anomalie così vistose difficilmente sarebbero sfuggite.
Così, quando tredici mesi fa, il Parlamento decise di intervenire per legge per colmare almeno le lacune italiane, la speranza che l’Italia varasse una legge severa e risolutiva, come il Congresso Usa con il “Sarbanes Oxley Act” seguito allo scandalo Enron, era davvero alta e pareva fondata.
Invece, siamo ancora qui, senza legge che tutela il risparmio ma in compenso con un voto, sia pure reversibile e già fortunatamente sconfessato dal Premier Berlusconi, che azzoppa l’autonomia e l’indipendenza della Banca d’Italia, pianifica il licenziamento a termine del Governatore e trasferisce il potere di decidere su fusioni e matrimoni tra banche, da dove funzionano (con Bankitalia , mai un fallimento negli ultimi trent’anni) ad un ‘Antitrust di cui la storia recente non ricorda memorabili decisioni in favore della concorrenza che si siano concluse così come erano iniziate.
Cerchiamo allora di chiarire i fatti e dare un senso alle testimonianze.
I Gatti e le Volpi che si aggirano in Parlamento hanno imposto di decidere sul mandato senza limiti della carica del Governatore. E’ comprensibile che qualcuno lo tema e lo voglia eliminare , specie se da esso deriva quell’autonomia dai partiti , quell’indipendenza dai centri di potere e quella severità nel vigilare sul bastione del risparmio, che tanto infastidisce chi quel bastione vorrebbe conquistare. Ma il problema non è questo, il problema da risolvere è come difendere il risparmio e come tutelare le migliaia di vittime di Parmalat e Cirio e rassicurarle sul futuro. Ed allora è di risparmio che bisogna discutere, non di fusioni tra banche e di nomine di governatori. E chiunque ritenga davvero che il risparmio è quando di più sacro esiste fra le cose terrene, perché è frutto del lavoro dell’uomo , perchè testimonianza tra le generazioni, non può ignorare che tutelarlo significa legiferare affinchè chi lo gestisce, cioè le banche, non fallisca, sia sempre più efficiente, concorrenziale, competitivo. La garanzia contro il fallimento (cioè la stabilità) è un tutt’uno con la garanzia di efficienza che deriva dalla competizione sul mercato ( la concorrenza). Stabilità e concorrenza , nel caso del risparmio, sono diverse che non per l’energia elettrica, o la nettezza urbana. Ecco perché chi vigila sul primo deve vigilare anche sul secondo ed ecco perché queste funzioni non vanno separate. Si può naturalmente cambiare, il Parlamento è sovrano, ma a patto di ammettere che l’obiettivo di tutelare il risparmio lascia il passo all’obiettivo di potere di asservire la Banca d’Italia.
Così come si può naturalmente anche consentire che le banche italiane, che non navigano nell’oro tanto da poter resistere ad assalti ostili di banche estere, diventino facile preda di grandi banche francesi, olandesi spagnole già presenti sul territorio nazionale. Ma a patto di render conto all’opinione pubblica che perdere l'”italianità” delle grandi banche nazionali significa perdere il presidio italiano dello sviluppo dell’economia del sistema produttivo ed industriale italiano.
Qualche esempio?
Che ne sarebbe oggi della Fiat o della Edison, ovvero dell’auto e dell’energia italiane, se le grandi banche italiane non avessero fatto quadrato di fronte alle crisi industriali e, nel rispetto dei diritti di depositanti ed azionisti, non avessero finanziato ristrutturazioni e rilanci con le quali si tenta di impedire il declino italiano e di puntellare produzione e posti di lavoro?In queste ore calde di trattativa tra Torino e Detroit, per chi avrebbe giocato una banca americana proprietaria dei diritti del prestito convertendo Fiat: per la General Motors o per il Lingotto?
Questo è ciò che muove il Governo , Silvio Berlusconi e la maggioranza, quando difendono l’italianità delle banche , l’autonomia e l’indipendenza della Banca d’Italia. Per poste così alte, per la tutela del risparmio, vale davvero la pena tenere dritta la barra del timone e, se serve, chiedere in Parlamento anche il voto di fiducia. Il risparmiatore, diceva Einaudi, ha gambe di lepre e memoria di elefante . E tra tre mesi si vota.

Fonte: Il Giornale del 25 gennaio 2005

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