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La Ue:serve di più per risanare i conti

Bruxelles dice che mezzo punto non basta. Alcune «semplici simulazioni» hanno convinto la Commissione Ue che tagliare dello 0,5% l’anno il deficit strutturale, come previsto dal Patto di Stabilità che governa l’economia continentale, «in molti paesi non sarà sufficiente» per risanare la finanza pubblica e invertirne la tendenza espansiva.
A meno che non riparta la crescita, l’esecutivo Ue s ritiene che «solo una correzione fiscale di un punto di pil o più possa convogliare il debito su un percorso virtuoso». Vuol dire che in numerose capitali, Roma compresa, sarà necessario dare un’altra riordinata alle casse del Tesoro. La peggiore crisi del dopoguerra non impone ai governi nulla di meno.
Domani José Manuel Barroso e i suoi commissari Ue presenteranno il primo rapporto sulla competitività continentale, anche alla luce della strategia di rilancio per il 2020. L’idea di fondo è che siamofuori dalla recessione, ma che «l’Europa tornerà ai livelli di attività del primo trimestre 2008 soltanto a metà 2012».
Un obiettivo, questo, che sarà raggiunto alla fine di quest’anno da appena dieci fra i Ventisette. Pochi. Anche perché l’occupazione sarà fra due anni almeno a un punto di distanza rispetto a dov’era quando la grande tempesta ha avuto inizio.
L’esercizio di analisi, e i consigli correlati, disegna il terreno di gioco su cui si giocherà la partita nella governance economica rafforzata voluta dall’Ue. Su queste basi si celebrerà in primavera il «semestre europeo», prima fase di coordinamento delle politiche economiche in modo di avvicinarsi quanto più possibile a una gestione congiunta della cosa comune.
Nel frattempo Bruxelles dovrà spingere ai governi a risanare i conti e aumentare la competitività, ricette chiave evitare «lo scenario del decennio perduto» che molti cominciano temono.
La parola d’ordine è «rompere il circolo vizioso» che in alcuni paesi combina «un debito insostenibile, una difficoltà di accedere ai mercati e una bassa crescita». E’ il caso greco, ma anche portoghese e spagnolo. Si chiede di mettere a posto i conti, ma avverte che il consolidamento di bilancio – «per quanto necessario» – potrebbe non essere sufficiente a invertire la dinamica del debito in modo rapido e duraturo».
Un «aumento più forte dell’attività è decisivo – si legge nella bozza di uno dei testi preparati da Bruxelles e visti da La Stampa -, per aumentare il gettito fiscale e ridurre le spese collegati alla disoccupazione», anche perché l’accelerazione del pil sforbicia direttamente il rapporto col debito.
La Commissione si rammarica che alcuni tesoretti, cioè l’extra gettito del 2004-2007, non siano stati usati per il risanamento dei conti pubblici. Sarebbe stato un ammortizzatore ideale quando la crisi ha amplificato tutti i disequilibri, dalla finanza pubblica all’economia reale. Così adesso ocorre chiedere «corsie preferenziali per i provvedimenti pro ciclici» e avviare il consolidamento nel 2001, tagliando la spesa, ma «proteggendo i settori come infrastrutture, istruzione, ricerca».
Bisogna riforma le pensioni laddove necessario (non in Italia) e monitorare con attenzione la spesa sanitaria, ma non solo. Si pone l’urgenza di correggere il deficit strutturale di almeno un punto, il doppio del previsto. E’ un invito che vale per tutte le capitali, Roma compresa, che pure ha negoziato una riduzione del deficit strutturale di 0,6 punti l’anno. Se il governo lo riterrà, dovrà dunque aumentare lo sforzo. Tenendo presente che mezzo punto di pil sono – indicativamente – 7,5 miliardi di euro in più da trovare. Almeno.

Fonte: La Stampa 11 gennaio 2011

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