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La svolta possibile

STARE alle dichiarazioni del ministro Scajola sono all’esame del Governo una decina di proposte alternative per gli stabilimenti Fiat di Termini Imerese, mentre sarebbe in vista anche una possibile via d’uscita per l’Alcoa di Porto Vesme. Nei giorni scorsi lo stesso presidente del gruppo (cx) torinese, Luca Cordero di Montezemolo, aveva garantito la partecipazione della Fiat ad un pro getto di riconversione dell’area siciliana. Gli avvenimenti stanno prendendo, dunque, una discreta piega, anche se sarebbe non solo prematuro, ma sbagliato essere ottimisti a fronte di situazioni tanto complesse, in cui l’azione del Governo deve fare i conti con limiti oggettivi (trovare delle controparti imprenditoriali credibili, serie e dotate di risorse adeguate) ed insormontabili (il divieto degli aiuti di Stato da parte della Ue,). Si direbbe, tuttavia, che la vertenza di Termini Imerese abbia voltato pagina; che le istituzioni e le forze sociali pi responsabili abbiano preso atto delle esigenze della Fiat e non insistano pi di tanto nel difendere ad ogni costo gli assetti e leproduzioni esistenti.
Quanto all’Alcoa i problemi sono nello stesso tempo pi difficili e pi semplici: si tratta di organizzare, se possibile, un contesto di migliori convenienze per una multinazionale che, altrimenti, ha minacciato di andarsele a cercare al- d GUUANO * trove. Itempi si sono fatti stretti in ambedue i casi. Le mobilitazioni sono saerosante purchè ogni parte in causa sappia usare, per sé, quel senso di responsabilità che è indispensabile in circostanze tanto drammatiche. Termini Imerese e Alcoa sono assurti all’onore delle cronache grazie a un’omelia dei Santo Padre. Diventate l’emblema della crisi, esse non esaurisco- no l’agenda di tante situazioni dfficili. Ieri, a Roma, hanno manifestato le maestranze del gruppo Merloni, una delle aziende pi illustri del capitalismo nostrano la cui crisi ha coinvolto un intero distretto industriale delle Marche. In Romagna, è minacciata di chiusura l’Omsa, un marchio storico del made in Italy. Il suo proprietario intende trasferirsi in Serbia. Si parla addirittura di crisi di alcune importanti aziende di cali center, ritenute per anni il simbolo della cattiva occupazione’ e dei precariato’, presentate da film, talk shcrw e libri di regime’ come il girone pi elevato dello sfruttamento. Eppure, adesso, si guarda con preoccup azione alla scomparsa di quei posti di lavoro tanto biasimati. Guai a perdersi, comunque, d’animo. Iprocessi di crisi impongono delle scelte dolorose e delle trasformazioni profonde. Purtroppo non ci sono scorciatoie.

Fonte: Il Giorno del 9 febbraio 2010

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