Le promesse del premier sul Pil sono delle illusioni senza vere riforme.
Qualche settimana fa Silvio Berlusconi, in un momento di particolare furore ottimistico, ha detto che intende incrementare il pil del 3-4% in cinque anni. Per ora, al contrario, dobbiamo registrare che nel primo trimestre di questanno la nostra economia è cresciuta rispetto ai tre mesi precedenti dello 0,074% (misericordiosamente arrotondato allo 0,1%) e dell1% rispetto ad un anno prima. Molto meno della media Ue (+0,8% su base trimestrale e +2,5% su base annua) ed enormemente meno della locomotiva Germania (+1,5% e +4,9%), ma persino peggio della disastrata Grecia (solo il Portogallo va più male).
Ma il nostro esserci trasformati da gazzella in lumaca non è certo storia dei giorni nostri. Dopo il magico periodo della ricostruzione e del boom economico, durato fine alla metà degli anni Sessanta e che fa storia a sé, solo nel decennio dei Settanta leconomia italiana si è sviluppata al ritmo che evoca con un po troppa leggerezza il nostro premier: poco sotto il 4% annuo, anche grazie a tre anni straordinari (due sopra il 7% e uno poco sotto il 6%). Già negli anni Ottanta, nonostante fossero quelli da bere, il tasso di crescita era stato di un terzo abbandonate inferiore al decennio precedente (media del 2,55%), con tre anni sopra il 3% e uno oltre il 4%. Tuttavia fino a quel momento lItalia ha tenuto il passo dellEuropa e degli Stati Uniti. Invece, abbiamo cominciato a rimanere indietro rispetto ai competitor occidentali nei maledetti anni Novanta, che hanno misurato una frenata del 44% sugli anni Ottanta e del 63% sugli anni Settanta: per effetto del fatto che solo in tre anni su dieci è stata superata la soglia del 2% e in uno, il 1993, cè stata recessione (-0,89%), la crescita media del pil non è andata oltre l1,42%. Un trend negativo che si è aggravato moltissimo nei primi dieci anni del nuovo secolo, quando la già bassa crescita si è più che dimezzata: solo lo 0,53%, pur in presenza di un anno, il 2000, in cui il pil è salito del 3,69%. Certo, nellultimo decennio cè stata una grave recessione, e per di più importata. Ma a parte il fatto che siamo il paese che lha pagata più cara (due anni per una perdita di ricchezza complessiva del 6,36%), se anche si tolgono dal calcolo relativo al periodo 2000-2009 gli ultimi due anni, si vede come la crescita media pre-recessione sia stata dell1,45%, identica a quella già fortemente rallentata degli anni Novanta.
Se poi si volesse calcolare il risultato della cosiddetta Seconda Repubblica, cioè i 17 anni che vanno dal 1994 al 2010, si arriva ad una crescita media dell1% tondo (solo un anno sopra il 3%, tre anni sopra il 2%, sette anni sopra l1% e ben sei a crescita zero o sottozero). Una performance lontana anni luce da quelle della Prima Repubblica. E non si dica che la differenza la fa tutta il debito pubblico, perché nel 1992 lanno di Tangentopoli e del Patto di Maastricht il rapporto debito-pil era del 105,2%, mentre oggi, nonostante alienazioni di patrimonio per 14 punti di pil, è del 119%, e lFmi stima che a fine anno sfonderà il tetto del 120%.
Non si tratta di essere bastian contrari, o anche solo scettici sento già le accuse ma di guardare i numeri e da essi trarre il dovuto realismo. Daltra parte, se negli ultimi due decenni abbiamo accumulato una differenza di ben 20 punti di pil con la Ue e 45 con gli Usa, qualcosa (di strutturale) vorrà pur dire, no?
La sfida della crescita
Commenti disabilitati.