È la vittoria del «ma anche» che se in politica è una formula che ha dimostrato di non dare buoni frutti, nel diritto pensiamo che crei solo disguidi. Ci sarà infatti tempo per approfondire metodo e sostanza della sentenza emessa alle 22 di un sabato di metà luglio dal giudice Vincenzo Ciocchetti ma alcune cose si possono dire sin da ora. La Fiat porta sicuramente a casa un punto importante, gli accordi che ha realizzato con Cisl e Uil in deroga al contratto nazionale sono stati riconosciuti pienamente validi dal magistrato a riprova che sia l’ azienda sia i sindacati si sono mossi dentro una cornice di razionalità e buon senso. Allo stesso tempo però Ciocchetti condanna la Fiat per atteggiamento antisindacale nei confronti della Fiom, che pure quell’ accordo da lui appena validato non ha firmato. Può sembrare una contraddizione in termini, un ossimoro giuridico ma tant’ è. Vedremo le diverse interpretazioni che ne daranno i giuristi e capiremo se alla fine la condanna per attività antisindacale arriverà a compromettere l’ intero investimento deciso da Sergio Marchionne e atteso con trepidazione dalla comunità torinese (e non solo). Una sentenza più netta avrebbe contribuito ad aumentare la chiarezza e ad evitare nuovi conflitti e veleni. Di sicuro gli osservatori stranieri avranno una motivazione in più per considerarci un Paese bizantino e involuto, incapace di scegliere e di programmare il proprio futuro. Fortunatamente il panorama delle relazioni industriali italiane oggi non è più del tutto riconducibile alle vicende Fiat. In tante aziende grandi, medie e piccole è andata avanti una contrattazione decentrata che ha prodotto molte novità, una tenuta sul piano dei diritti, formule innovative per l’ incremento condiviso della produttività. Questa contrattazione «silenziosa» rappresenta il domani del lavoro perché con tutto il rispetto per Mirafiori e per la sua tradizione oggi la grande fabbrica metalmeccanica non è più il campo decisivo, ma solo uno di essi. Un accordo all’ Eni, alla Barilla o alla Luxottica, tutte multinazionali di rango, non vale di meno. Anzi. E comunque non va dimenticato come solo qualche settimana fa è stato firmato un accordo tra le tre confederazioni e la Confindustria sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro. Se non si è dato vita a una riforma organica (ma esistono ancora?) delle relazioni industriali si è aperta però la via della modernizzazione. E che gran parte di queste novità portino anche il timbro della Cgil è motivo di conforto.
Fonte: Corriere della Sera del 17 luglio 2011La sentenza del “Ma anche”
L'autore: Dario Di Vico
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