• giovedì , 26 Dicembre 2024

La scomparsa di un ministro

Sono 90 giorni che Silvio Berlusconi ha l’interim del ministero dello Sviluppo economico. In meno tempo Jules Verne sosteneva che si potesse girare il mondo. Il governo invece ha solo girato intorno al problema senza risolverlo. Dimessosi Claudio Scajola, la maggioranza non è riuscita ancora a sostituirlo. Non è stata capace di pescare al suo interno o nella società civile una personalità che avesse physique du role e competenze, che godesse della stima degli industriali, che non fosse limitato nell’autonomia di giudizio da conflitti di interesse. E’ incredibile, ma pur vantando l’Italia tra i quattro e i cinque milioni di imprenditori le manca un Mister Industria!
Come si spiega tutto ciò? L’impressione è che la politica non abbia capito cosa sia successo in questi mesi e cosa ci aspetti in autunno. Grazie alla forza e al radicamento territoriale delle imprese abbiamo evitato la deindustrializzazione, siamo rimasti un grande Paese «offertista» dell’Europa. Dentro la recessione una fetta consistente delle aziende (comprese le piccole) si è nuovamente riorganizzata, ha rivoltato le fabbriche come fossero calzini, ha rivisitato la struttura dei costi e in più ha cominciato a pensare che non si poteva più accontentare dei «vecchi» clienti. Tutto ciò ha creato le premesse perché l’export italiano ripartisse e iniziasse a conquistare quote di mercato laddove prima eravamo presenti solo simbolicamente. In parallelo si è aperta una vera discussione sul made in Italy,sulle norme per tutelarlo e sulle scelte da fare per riposizionarlo sui mercati globali.
Intanto i nostri partner non stavano con le mani in mano. Segnatamente la Germania, che rispetto a noi ha un vantaggio eccezionale: la sua industria è complementare ai cinesi e non diretta concorrente. Solo per fare un esempio, la Volkswagen, che ha già 9 stabilimenti in Cina, sta progettando il decimo e l’undicesimo. Dunque, applaudiamo le nostre performance nell’export ma dobbiamo sapere che c’è bisogno di qualche riflessione in più, di chiarirsi le idee sul futuro del sistema produttivo, in sintesi di darsi una strategia. Se non altro perché sono molti i Paesi che hanno scelto come via d’uscita dalla recessione proprio l’accelerazione delle vendite all’estero e quindi non ci sarà abbastanza torta per tutti. Non chiamiamola «politica industriale » perché l’espressione evoca anatemi, ma di sicuro un governo—di qualsiasi orientamento — non può apparire afasico come nel caso Marchionne-Serbia.
Invece in questi grigi 90 giorni il ministero dello Sviluppo è stato prima privato della possibilità di spendere e poi si è tentato in diversi modi di spogliarlo delle sue prerogative tramite uno spezzatino delle deleghe a favore di altri dicasteri. Per poco non si è arrivati a teorizzare che un Paese industriale può andare avanti senza un ministero che si occupi di industria. Ora non sappiamo se bisognerà aspettare settembre per conoscere il nome del successore di Scajola ma i dossier che si stanno accumulando sulla scrivania richiedono una presenza incisiva. E’ di ieri il dato-choc sul calo delle immatricolazioni di nuove auto e altrettanto preoccupante si presenta il secondo semestre 2010 della siderurgia. Per chi lo avesse dimenticato, auto e siderurgia sono i settori in cui operano le (restanti) grandi imprese italiane.

Fonte: Corriere della Sera del 3 agosto 2010

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