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la scelta di Bombassei:corre per Confindustria

Anche se il dado ormai è tratto, Alberto Bombassei si sta muovendo con molta cautela. Non ha ancora deciso la modalità dell’ annuncio ufficiale di candidatura alla presidenza della Confindustria ma è chiaro che, dopo l’ endorsemen t che in piena assemblea degli industriali di Bergamo gli ha indirizzato lunedì 3 ottobre Gianfelice Rocca, la campagna è partita de facto . In una prima fase sembrava che il dopo-Marcegaglia potesse prendere i connotati del capo della Techint e lo stesso Bombassei si era prodigato a lanciare la candidatura. Ma Rocca non se l’ è sentita e si è trasformato nel primo sponsor del collega. In questi giorni di attesa il patron della Brembo sta incontrando diversi imprenditori di rango e almeno due forti incoraggiamenti li ha già ricevuti da Luca di Montezemolo e da Franco Bernabè. Bombassei, oltre a essere uno dei principali fornitori della Ferrari, è stato il vice di Montezemolo nella squadra di presidenza Confindustria per quattro anni con un’ autonomia di indirizzo sulle relazioni sindacali molto più ampia di quella di cui ha goduto con la Marcegaglia. Dunque non è una sorpresa che i due si stimino e che Montezemolo veda di buon occhio una presidenza Bombassei. La vox populi sostiene anche che una vittoria dell’ imprenditore bergamasco sarebbe salutata con favore anche da Sergio Marchionne e che di conseguenza i rapporti Confindustria-Fiat potrebbero venir ricuciti già nel corso del 2012. Meno atteso era l’ appoggio di Bernabè, che invece ha voluto essere tra i primi a incontrare Bombassei e a incoraggiarlo. La domanda più interessante è un’ altra: se Bombassei ha preso il testimone da Rocca ne ha anche ereditato la piattaforma di consenso che si era costruita attorno a lui? Non del tutto, perché se Rocca era sostenuto dalle associazioni lombarde e dai veneti non è affatto detto che vada in onda un replay. Il Nord-Est coltiva da tempo il sogno di esprimere il presidente della Confindustria e a metà del mandato della Marcegaglia il nome giusto era sembrato quello di Andrea Tomat, attuale presidente regionale del Veneto. Tomat adesso è totalmente concentrato sul business della sua azienda (la Lotto) ed è quindi fuori gioco. L’ aspirazione del Nord-Est è però rimasta in piedi e sta prendendo in queste ore i contorni della candidatura del veronese Andrea Riello. Non ancora cinquantenne, presidente del gruppo Riello Sistemi, Andrea è stato presidente dell’ Ucimu (macchine utensili) e – prima di Tomat – della Confindustria veneta. A cavallo dell’ estate ha condotto un’ attenta offensiva diplomatica tra i suoi conterranei per ottenere semaforo verde. E ad horas le associazioni territoriali del Veneto dovrebbero candidarlo al dopo-Emma. Per arrivare fino in fondo o solo per marcare l’ identità e la forza del Nord-Est? Le due cose, per ora, non sono in contraddizione e quindi in una prima fase Riello dovrebbe esserci e certamente giovarsi dell’ appoggio di qualche categoria. Per ricalibrare l’ obiettivo c’ è tempo e comunque una candidatura veneta di bandiera restringe sul breve il perimetro del consenso da cui prende avvio Bombassei. Sul fronte della candidatura di Giorgio Squinzi, il patron della Mapei nonché presidente europeo degli industriali della chimica, per ora non ci sono molte novità. Si dà per scontato che la prima sua sponsor sia Emma Marcegaglia, e il botta e risposta bergamasco con Bombassei sul caso Marchionne è stato interpretato dai maliziosi – che in Confindustria abbondano – come la conferma delle sue preferenze. Nel borsino delle alleanze si dà per scontato che sia dalla parte di Squinzi anche Aurelio Regina, presidente degli industriali di Roma e del Lazio, che qualche mese fa coltivava ambizioni da potenziale numero uno e che via facendo si sarebbe accontentato dell’ idea di fare il vicepresidente. Il cronista fin qui ha fatto il suo lavoro. Ha riferito dei nomi che circolano, dei primi schemi di alleanze che si vanno formando, ma non può tacere come questa corsa alla presidenza sia molto diversa dalle altre. Gli imprenditori sono delusi dalla politica e, come sostiene Nando Pagnoncelli, sono per la prima volta seriamente tentati dall’ astensionismo. Qua e là cova la protesta, e quando un’ assemblea finisce senza fischi e contestazioni gli organizzatori tirano un sospiro di sollievo perché il clima è quello che è. Non ci saranno defezioni in massa dietro Marchionne (anche Mediaset aveva preso in esame l’ ipotesi e poi ha deciso di restare), ma molte piccole e medie imprese potrebbero essere tentate dal tagliare l’ iscrizione alla Confindustria prima di altre voci di bilancio. La discontinuità è, dunque, all’ ordine del giorno e stavolta questa richiesta riguarda anche il modus operandi dell’ associazione. L’ epoca del budget statale uguale a zero riduce la necessità di fare lobby e spinge la Confindustria a riformarsi. Ma come? In questi giorni ha ripreso a circolare tra gli addetti ai lavori una bozza di riforma elaborata da Marino Vago ai tempi della presidenza Montezemolo. Due erano i criteri individuati per la riorganizzazione: a) la divisione della rappresentanza dai servizi; b) la concentrazione delle strutture con il rafforzamento delle associazioni regionali. In sostanza le territoriali quando non hanno i numeri per giustificare il costo dell’ apparato sono obbligate a fondersi con quelle vicine. Secondo le stime elaborate da Vago una riforma di questo tipo avrebbe ridotto da 140 a 40 le associazioni di Confindustria sul territorio. È chiaro che questo è solo uno degli schemi possibili di ristrutturazione e quindi i candidati potranno sbizzarrirsi, ma il risultato dovrà essere lo stesso. Chi vorrà subentrare a Emma Marcegaglia dovrà promettere di tagliare i costi, di fare a meno dei convegni inutili e nel contempo di dare agli associati servizi molto più qualificati di quelli offerti oggi. Auguri.

Fonte: Corriere della Sera del 7 ottobre 2011

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