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La riforma delle pensioni della Fornero è (persino)più severa della mia

Non è trascorso nemmeno un mese da quando ‘L’Occidentale’ pubblicò una mia intervista ad un giornale economico in cui svolgevo alcune considerazioni sui possibili interventi che il nuovo ministro del welfare, Elsa Fornero, avrebbe potuto assumere in tema di pensioni. Il mio era un tentativo di interpretare le intenzioni del ministro, sulla base di una conoscenza personale di molti anni e di una lettura attenta dei suoi scritti. In tale contesto, mi permettevo di sottoporre ai lettori alcune idee di carattere personale circa i provvedimenti ritenuti necessari, limitandomi a segnalare un solo aspetto, a mio avviso importante, perché attinente ad un del sistema pensionistico. In sostanza, raccomandavo di introdurre un requisito anagrafico (mi accontentavo di 60 anni) anche per il pensionamento di anzianità con 40 anni di versamenti a prescindere dall’età anagrafica. Il mio ragionamento era semplice: chi ha cominciato a lavorare precocemente o ha potuto riscattare lunghi periodi di formazione era in grado di avvalersi del canale solo contributivo per poter andare in quiescenza ad un’età inferiore a 60 anni (che era il requisito minimo richiesto nel canale delle quote).
Giusta o sbagliata che fosse la mia proposta fui sorpreso dal ricevere – se ben ricordo – 35 commenti di lettrici e lettori furiosi che mi coprivano di insulti e contumelie. Non era la prima volta che le mie considerazioni sulle pensioni suscitavano reazioni negative, ma in quella circostanza furono battuti tutti i record. Ebbene, si vede che esiste un dio vendicatore anche per le persone come me.
Il ‘governo dei tecnici’ ha varato, in tema di pensioni, una manovra che ha impressionato anche chi scrive, non tanto per il rigore, quanto per la severità persino eccessiva (a conferma del mio stupore rimando ad articoli scritti e a dichiarazioni rilasciate nelle ultime settimane e, sul piano istituzionale, al parere consultivo sul decreto rilasciato dalla Commissione Lavoro della Camera, in seguito alla mia relazione: parere che ha tracciato il quadro generale delle modifiche di alleggerimento apportate in sede di Commissione Bilancio). Nell’articolo 24 del decreto, che sarà approvato nei prossimi giorni in via definitiva dal Senato, è previsto, oltre all’estensione del calcolo contributivo pro rata a tutti i lavoratori, il superamento della pensione di anzianità mediante l’abolizione del sistema delle quote, salvo una breve fase di transizione per i lavoratori privati che avrebbero maturato i requisiti previgenti entro il 2012 e i lavoratori adibiti a mansioni usuranti. Il canale dei 40 anni è aumentato, inglobando il periodo delle finestre (che sono state abolite) e viene sottoposto ad una penalizzazione in base al numero di anni di età inferiori a 62. Ovviamente per uno come me, che considera indispensabile aumentare l’età pensionabile, la cosa potrebbe anche andare bene, salvo rendersi conto del robusto ed improvviso salto di anni richiesto a taluni lavoratori e lavoratrici che avevano programmato altrimenti i loro progetti di vita.
Sono curioso di assistere alle reazioni che questo mio scritto provocherà. Spero che almeno mi sia riconosciuta una condizione di correità nell’attentato ai trattamenti di anzianità. Sembrava un mio pallino; i miei critici si saranno resi conto che non era così. Tutto sommato, però, approvo la manovra. Avevo suggerito, oltre a disporre un ulteriore intervento di solidarietà sulle pensioni più elevate (che è arrivato) anche una piccola misura di equilibrio sulle c.d. baby pensioni ovvero sui trattamenti di coloro che, in passato, sono andati in quiescenza con meno di 50 anni e di 25 anni di versamenti. Sono circa 500mila. Per loro il sistema spende complessivamente 9,5 miliardi (2miliardi l’Inps, 7,5miliardi l’Inpdap). La mia idea era quella di apportare a tali assegni un prelievo a titolo di solidarietà sulla quota di pensione eccedente il trattamento minimo. L’idea non ha avuto seguito. Eppure sarebbe stato corretto che quanti hanno percepito la pensione per molti decenni, a fronte di versamenti di breve periodo, dessero un contributo al sistema.
Dal primo gennaio, poi, l’assegno vitalizio dei parlamentari sarà abolito per fare posto – pro rata – ad un modello di pensione con il calcolo contributivo, secondo le regole vigenti per tutti gli italiani. Ovviamente si sono dovute trovare delle soluzioni per il passato: ma nessun parlamentare o ex parlamentare andrà più in quiescenza prima di aver compiuto 60 anni, anche se potrà far valere molte legislature.

Fonte: Occidentale del 19 dicembre 2011

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