Oggi nelle Commissioni Attività produttive e Finanze della Camera, riunite in sede referente per lesame del decreto sviluppo, dovrebbe trovare una prima conclusione la telenovela della legge Fornero sul mercato del lavoro.
La storia è nota. Dopo il voto del Senato, che era riuscito a correggere alcuni aspetti parecchio discutibili, in particolare per quanto riguarda la c.d. flessibilità in entrata, il testo del disegno di legge era arrivato a Montecitorio dove erano non solo più incerti i numeri ma anche gli orientamenti dei gruppi. Erano forti i timori nel Pdl che vi fossero seri rischi di peggioramento di un testo che, nonostante le positive modifiche di Palazzo Madama, veniva tuttora considerato al pari di unampia controriforma di tutta la legislazione riformista in cui il centro destra si riconosce. E non si trattava di una preoccupazione del tutto infondata.
In Commissione Lavoro Cesare Damiano, uno dei due relatori (laltro era chi scrive) aveva sostenuto che, essendo già intervenuta al Senato una accurata mediazione tra flessibilità in entrata e in uscita (la riforma dellarticolo 18), quelle parti dovevano essere considerate politicamente blindate, per cui occorreva mettere mano soltanto alla parte sugli ammortizzatori sociali, di cui il Pd chiedeva il rinvio di un anno dellentrata in vigore con i previsti criteri di gradualità dellAspi ovvero del nuovo sistema di protezione sociale prefigurato dalla legge.
Pochi giorni dopo ecco quello che in seguito è risultato essere il primo colpo di fortuna. Cominciò a correre voce che Mario Monti intendesse chiedere ai gruppi di maggioranza di consentirgli di andare a Bruxelles, per il vertice del 28-29 giugno, portandosi appresso la riforma approvata. Perché ciò fosse possibile vi era una condizione indispensabile: che la Camera approvasse il disegno di legge nellidentico testo del Senato. E ovviamente con i quattro voti di fiducia, uno per articolo, come avvenuto nella prima lettura. Apriti cielo ! Nei partiti è successo un pandemonio, soprattutto nel Pdl dove la
Tutto il marchingegno dello scambio tra voto anticipato ed impegno solenne ha conferito, alla prova dei fatti, un potere contrattuale ai gruppi di maggioranza che, da soli, non sarebbe stati in grado di ottenere. Chi scrive è stato un protagonista di questi passaggi e non ha dubbi nellaffermare che difficilmente Pd e Pdl si sarebbero accordati su di un pacchetto comune di modifiche. Così il progetto Fornero, nel migliore dei casi, sarebbe arrivato il Aula il 2 luglio (alla scadenza prevista prima della richiesta di anticipo) nella medesima versione del Senato. Invece, grazie al riconoscimento conseguito, chiuso il vertice di Bruxelles, i partiti si sono presentati ad incassare la cambiale di Monti. Ma ne sarebbero stati capaci con le loro sole forze? Anche in tale frangente, infatti, sono intervenuti degli eventi imprevisti.
Se al Senato il governo ha scelto il decreto sulla spending review per risolvere in parte la questione degli
La riforma del lavoro della Fornero non puo’ trasformarsi in una telenovela
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