• domenica , 22 Dicembre 2024

La riforma del lavoro della Fornero non puo’ trasformarsi in una telenovela

Oggi nelle Commissioni Attività produttive e Finanze della Camera, riunite in sede referente per l’esame del decreto sviluppo, dovrebbe trovare una prima conclusione la telenovela della legge Fornero sul mercato del lavoro.
La storia è nota. Dopo il voto del Senato, che era riuscito a correggere alcuni aspetti parecchio discutibili, in particolare per quanto riguarda la c.d. flessibilità in entrata, il testo del disegno di legge era arrivato a Montecitorio dove erano non solo più incerti i numeri ma anche gli orientamenti dei gruppi. Erano forti i timori nel Pdl che vi fossero seri rischi di peggioramento di un testo che, nonostante le positive modifiche di Palazzo Madama, veniva tuttora considerato al pari di un’ampia controriforma di tutta la legislazione riformista in cui il centro destra si riconosce. E non si trattava di una preoccupazione del tutto infondata.
In Commissione Lavoro Cesare Damiano, uno dei due relatori (l’altro era chi scrive) aveva sostenuto che, essendo già intervenuta al Senato una accurata mediazione tra flessibilità in entrata e in uscita (la riforma dell’articolo 18), quelle parti dovevano essere considerate politicamente blindate, per cui occorreva mettere mano soltanto alla parte sugli ammortizzatori sociali, di cui il Pd chiedeva il rinvio di un anno dell’entrata in vigore – con i previsti criteri di gradualità – dell’Aspi ovvero del nuovo sistema di protezione sociale prefigurato dalla legge.
Pochi giorni dopo ecco quello che in seguito è risultato essere il primo colpo di fortuna. Cominciò a correre voce che Mario Monti intendesse chiedere ai gruppi di maggioranza di consentirgli di andare a Bruxelles, per il vertice del 28-29 giugno, portandosi appresso la riforma approvata. Perché ciò fosse possibile vi era una condizione indispensabile: che la Camera approvasse il disegno di legge nell’identico testo del Senato. E ovviamente con i quattro voti di fiducia, uno per articolo, come avvenuto nella prima lettura. Apriti cielo ! Nei partiti è successo un pandemonio, soprattutto nel Pdl dove la specifica contro un progetto di legge non condiviso si aggiungeva a quella più strutturale riguardante il governo. Lo stallo trovò uno sbocco un po’ all’italiana: la maggioranza avrebbe approvato senza modifiche ed entro il 27 giugno la legge a condizione che l’esecutivo si impegnasse, , a trovare delle soluzioni sui seguenti temi: i c.d. esodati, taluni aspetti della flessibilità in entrata e gli ammortizzatori sociali. Questa era la richiesta dei partiti a cui il governo rispose positivamente non solo con un comunicato molto chiaro, ma anche con una dichiarazione dello stesso Monti in Aula. Così tutto andò a posto, anche se 87 deputati del Pdl non parteciparono al voto o si astennero oppure, in una pattuglia, espressero voto contrario.
Tutto il marchingegno dello scambio tra voto anticipato ed impegno solenne ha conferito, alla prova dei fatti, un potere contrattuale ai gruppi di maggioranza che, da soli, non sarebbe stati in grado di ottenere. Chi scrive è stato un protagonista di questi passaggi e non ha dubbi nell’affermare che difficilmente Pd e Pdl si sarebbero accordati su di un pacchetto comune di modifiche. Così il progetto Fornero, nel migliore dei casi, sarebbe arrivato il Aula il 2 luglio (alla scadenza prevista prima della richiesta di anticipo) nella medesima versione del Senato. Invece, grazie al riconoscimento conseguito, chiuso il vertice di Bruxelles, i partiti si sono presentati ad incassare la cambiale di Monti. Ma ne sarebbero stati capaci con le loro sole forze? Anche in tale frangente, infatti, sono intervenuti degli eventi imprevisti.
Se al Senato il governo ha scelto il decreto sulla spending review per risolvere in parte la questione degli (aggiungendo 55 mila casi), alla Camera quale vettore legislativo appropriato per le modifiche in tema di lavoro si è individuato il decreto sviluppo. E qui, all’improvviso, un altro colpo di fortuna. Cgil, Cisl, Uil e Confindustria si sono incontrati ed hanno steso un pacchetto equilibrato di proposte di emendamento tanto in materia di flessibilità in entrata (a prova della irragionevolezza di tante soluzioni introdotte dal ministro) che di ammortizzatori sociali (su questo tema la Cgil ha persino evitato di chiedere il rinvio dell’Aspi come rivendicavano da mesi alcuni settori del Pd, tra cui lo stesso Cesare Damiano). I gruppi di maggioranza hanno avuto così la strada spianata per un’intesa. E’ bastata qualche aggiunta – anche importante – al pacchetto redatto dalle parti sociali e si è reso necessario un confronto con il ministro per fare qualche puntualizzazione e soprattutto per trovare la copertura. Oggi l’emendamento riformulato, di cui riassumiamo di seguito il contenuto, dovrebbe essere votato dalle Commissioni referenti. Sic transit gloria mundi.

Fonte: Occidentale del 16 luglio 2012

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