• sabato , 23 Novembre 2024

La protesta dei Piccoli: “Figli di un Dio minore”

Ieri Marco Venturi ha fatto persino il giro delle «tre chiese». È stato da Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini per manifestare tutta l’ insoddisfazione di Rete Imprese Italia, di cui è portavoce, verso le conclusioni a cui sta arrivando il negoziato sul lavoro. La battuta migliore gliel’ ha fatta Bersani: «Mi sembra di stare su un autobus in cui tutti hanno qualcosa da dire sull’ autista, ma si rivolgono al bigliettaio perché sia lui a rappresentare il loro malumore» . Scherzi a parte il massimo rappresentante di commercianti e artigiani ha ricevuto ampie rassicurazioni da tutti ma a Rete Imprese Italia non si fanno illusioni. Il negoziato sul lavoro ha obbedito ancora una volta al vecchio format triangolare governo-Confindustria-sindacati, quello che ha dominato il nostro Novecento e che si pensava dovesse andare in soffitta. Come Venturi la pensano anche le associazioni delle partite Iva. Quel triangolo le ha escluse persino dal tavolo e Anna Soru, presidente di Acta (l’ associazione dei consulenti del terziario avanzato) sostiene che tutti coloro che nel governo o nei partiti si occupano della riforma continuano «a pensare solo dentro gli schemi del lavoro dipendente e non sanno niente di quello autonomo». È chiaro che dovendo affrontare lo spinosissimo tema dell’ articolo 18 il governo Monti non potesse pensare di depotenziare il confronto con i sindacati confederali e la Confindustria ma artigiani, commercianti e partite Iva si aspettavano comunque qualche segnale di novità in chiave universalistica e non concertativa. Delusi, ora sfogano il loro mugugno. Raccontano come Cgil-Cisl-Uil e industriali comunque siano riusciti a negoziare con il governo e a ottenere partite di scambio mentre Rete Imprese è partita con un documento ed è arrivata alla fine sostanzialmente con il medesimo testo senza che nel mezzo ci fossero avvicinamenti, compromessi e mezzi risultati. In termini calcistici si direbbe che Venturi è uscito dal campo con la maglia intonsa perché non ha visto palla e non ha dovuto nemmeno correre. Già in sede di decreto Salva Italia e di completamento della riforma previdenziale artigiani e commercianti avevano dovuto mandar giù qualche boccone amaro. In primis l’ aumento dei contributi pensionistici che entro il 2014 comporterà per i loro associati un maggior esborso di 2,7 miliardi. L’ aumento dell’ Imu e tutta un’ altra serie di piccoli balzelli sono stati un altro dispiacere e secondo i conti di rete Imprese graveranno per circa 5 mila euro aggiuntivi su ciascuna impresa. Venturi e gli altri speravano che i rospi finissero qui. E invece l’ introduzione dell’ Aspi, la nuova indennità di disoccupazione comporterà per le Pmi un aggravio di 1,2 miliardi di cui almeno la metà aggiuntivi ai contributi versati oggi. Non è tutto. Rete Imprese aveva chiesto che le risorse aggiuntive per allargare le tutele degli ammortizzatori sociali fossero compensate da una diminuzione dei soldi che le imprese versano per Inail e malattia. Due gestioni che sono fortemente e, sostengono gli artigiani, “inutilmente” in attivo. Non se n’ è fatto nulla. Il quaderno delle doglianze dei Piccoli si chiude con le maggiorazioni di costo sui contratti a tempo determinato che comunque renderanno più rigida la flessibilità in entrata, un ossimoro. Lo stesso vale per Confindustria ma le grandi imprese porteranno comunque a casa la revisione dell’ articolo 18 e certamente non è poca cosa dal punto di vista simbolico. Tra le partite Iva i mugugni sono ancora più forti. L’ impressione è di essere rimasti “figli di un Dio minore” anche in un contesto politico che si era prefissato l’ obiettivo di allargare la platea dei rappresentati. E invece, ad esempio, l’ intervento sulle finte partite Iva riguarderà solo le professioni non ordinistiche, ricalcando quindi una vecchia bipartizione che ha mandato da sempre in bestia consulenti e knowledge worker. In più i criteri per individuare la finzione sono la monocommittenza e la fruizione di una postazione di lavoro presso il committente. «Ma ciò richiede l’ azione degli ispettori del lavoro. E allora se entrano in gioco gli ispettori sono molte le cose che vorremo far verificare» dicono ad Acta. La considerazione più amara riguarda però l’ aumento dei contributi previdenziali: c’ è il fondato sospetto che li si voglia far salire, per parasubordinati e partite Iva, dall’ attuale 28% fino al 33% e quest’ operazione per Soru è «inaccettabile».

Fonte: Corriere della Sera del 16 marzo 2012

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