Tra la visita-lampo di ieri a Bruxelles dov’è di casa e la colazione di oggi a Matignon con Nicolas Sarkozy, il presidente del Consiglio e ministro del Tesoro Mario Monti ha già cominciato a tessere la sua tela per rafforzare la posizione italiana nel negoziato sulla bozza di quello che è già stato ribattezzato il “trattato salva-euro”.
L’Italia cercherà di ottenere la maggiore conformità possibile tra ciò che nel nuovo accordo si scriverà sulle materie attinenti a debito e deficit e quanto era già stato fissato, nero su bianco, sia nel cosiddetto “Six pack”, il patto di stabilità rafforzato mediante sei regolamenti, sia nel documento finale del Consiglio europeo del 9 dicembre. La regola proposta dalla Commissione, come si ricorderà, stabilisce per ogni anno un obiettivo per l’incidenza del debito sul Pil determinato sulla base dei valori registrati nel triennio precedente e tale da implicare una riduzione dell’ordine del 5% l’anno dello scostamento del debito dal valore di riferimento del 60 per cento. Ma nel testo approvato all’ultimo meeting dei capi di stato e di governo, accanto alla prospettiva della riduzione di un ventesimo l’anno dell’extra-debito si stabiliva anche la necessità di tener conto del ciclo economico e degli altri “relevant factors”.
In pratica, un conto è se si dispone, come nel nostro paese, di un sistema previdenziale pienamente sostenibile, grazie alla riforma appena varata, un conto se la previdenza è fuori controllo; un conto è se il paese in questione si trova in una fase di crescita economica elevata un altro conto è se versa, così come sta accadendo in questo momento in Italia (ma la gelata economica potrebbe investire anche il resto di Eurolandia) in una fase di recessione economica, con il prodotto interno lordo che flette e che tende per questo stesso motivo a far salire deficit e debito…
È evidente che in queste fasi una regola che, com’è stato evidenziato in passato dall’attuale governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è perfettamente gestibile quando il tasso di crescita economica si aggira intorno al 2%, richiede un diverso trattamento. Del resto, lo stesso testo di riforma dell’articolo 81 della Costituzione attualmente in Senato recepisce questa formula del pareggio di bilancio al netto dell’andamento del ciclo economico. «Poi, certo osserva il sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo occorrerà anche chiarire che tipo di metodologia seguire per definire questo calcolo del saldo di bilancio al netto ciclo economico, visto che a tutt’oggi la Commissione Ue lo calcola in un modo, il Fondo monetario internazionale in un altro».
Sta di fatto, tuttavia che finora si è ipotizzato che il deficit strutturale consentito al netto del ciclo economico non possa superare lo 0,5% del Pil: in pratica 8-9 miliardi in base al nostro Pil attuale. Ma per l’Italia l’aspetto più importa per quel che riguarda la disciplina fiscale non è come è evidente quello relativo al deficit che nel nostro paese è saldamente sotto controllo, ma quello relativo alla riduzione dello stock del debito, che come si sa è al 120% del Pil e sconta tuttora l’arcigno giudizio del mercato: anche ieri lo spread del BTp con i bund sulla scadenza decennale, con un rendimento al 7,09%, ha visto un ampliamento a 523 punti base, mentre si allargava, peraltro, anche la forbice dei titoli di stato francesi con quelli tedeschi, portandosi oltre la soglia dei 150 punti base.
D’altra parte, proprio per stroncare questa perdurante fase di intemperie sui debiti sovrani che mina alla radice la salute della moneta unica, è nell’interesse di tutti i partecipanti arrivare a un rapido consenso politico sul nuovo contratto fiscale,(i cui effetti concreti si verificheranno, peraltro, a partire dal 2015). Di qui il fondamentale do ut des: a fronte di questa più stringente disciplina fiscale si vuole e si deve ottenere un vero firewall anticrisi efficace: un fondo salva-stati tangibile e degno di questo nome, per intenderci.
Di certo, dunque, il presidente del Consiglio svilupperà nel negoziato diplomatico anche i temi ai quali da sempre è solito prestare attenzione, che sono quelli di crescita, competitività e sviluppo del mercato unico (argomenti destinati a trovare orecchie attente anche presso gli inglesi). Ma il cuore del negoziato era e rimane la nuova disciplina fiscale.
Al tavolo di lavoro di Bruxelles, sia poi ricordato per inciso, anche la Bce ha fatto arrivare i suoi suggerimenti: nel trattato salva-euro anche per Francoforte potrà prevedersi che alcuni stati possano temporaneamente registrare dei deficit che tengano conto del ciclo economico; ma, chiede l’Eurotower, solo in un periodo di grave rallentamento della crescita «nell’area dell’euro o nella Ue nel suo complesso» e «purché una maggioranza qualificata dei due terzi sia d’accordo».
La partita su disciplina fiscale e super-fondo
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