Il barometro del commercio internazionale segna burrasca. Sul fronte dei rapporti USA-Giappone, la notizia, di qualche giorno fa, è che Japan Airlines ha ordinato 31 nuovi velivoli A350 al Consorzio europeo Airbus spezzando il monopolio pluridecennale di Boeing sul mercato nipponico, con
Queste tre micronotizie, passate quasi sotto silenzio dai media, segnalano il livello di tensione raggiunto in questa fase di crisi globale nelle relazioni commerciali internazionali, già di per se molto tirate a causa di un assetto dei tassi di cambio e delle bilance dei pagamenti profondamente squilibrato: basta pensare al rapporto euro-dollaro e alla guerra valutaria innescata da alcuni paesi emergenti. Il commercio internazionale, una volta governato su base multilaterale, è dominato da un crescente bilateralismo e lOrganizzazione Mondiale del Commercio, la suprema magistratura del free trade da sempre considerato uno dei pochi organismi mondiali realmente funzionante, appare un gigante burocratico privo di rotta.
A oltre 15 anni dallavvio del North Atlantic Free Trade Agreement (NAFTA), gli Stati Uniti stanno negoziando con dieci nazioni dellAsia e del Pacifico un analogo accordo di libero scambio, la Trans Pacific Partnership (TPP), al quale si è aggiunto di recente il Giappone. La Russia di Putin preme sui paesi limitrofi per allargare lunione doganale creata con Kazakistan, Bielorussia e Armenia. Gli accordi one to one country degli Stati Uniti sono decine. I grandi esclusi da queste manovre e non a caso – sono Cina, India, Brasile e altri emergenti di rango.
Ma liniziativa che promette di terremotare davvero i precari equilibri delle relazioni commerciali internazionali è la
Il negoziato, che è iniziato l8 luglio scorso a Washington e proseguirà a Bruxelles una volta superato lo shutdown USA, punta allabbattimento delle barriere sia tariffarie che non tariffarie e alla liberalizzazione degli investimenti entro il 2015, un arco di tempo molto breve. Le analisi di impatto condotte da istituti di ricerca indipendenti, come lIfo tedesco e il Cepr britannico, dicono che una completa attuazione del progetto porterebbe rilevanti benefici in termini di prodotto, nellordine secondo il Cepr di 119 e 95 miliardi di euro, rispettivamente per la Ue e gli Stati Uniti, con un aumento del reddito di 545 euro per la famiglia media europea e di 655 per quella americana. Limport-export crescerebbe di quasi un terzo, la disoccupazione scenderebbe significativamente. LItalia beneficerebbe più di altri della liberalizzazione delle tariffe americane che colpiscono in modo particolare i prodotti del made in Italy (tessile, alimentare, beni di lusso) con un aumento del 5 per cento del prodotto nazionale a regime.
Liniziativa si caratterizza per un mix di entusiasmo politico e scetticismo accademico. Da più parti si osserva che di mercato unico transatlantico si parla senza esito dagli anni Novanta e in effetti il progetto è molto ambizioso. Se labbattimento delle barriere tariffarie, oggi pari mediamente al 4%, sembra a portata di mano, ben più complesso si presenta infatti il tema delle barriere non tariffarie (standard di sicurezza, burocrazia, regole ambientali), dove le differenze culturali tra le due sponde dellAtlantico sono profonde. Anche i più cauti riconoscono tuttavia che
La geopolitica del commercio internazionale
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