Caro Direttore, devo ringraziare Massimo Mucchetti: non fosse per lui non mi sarebbe venuto in mente di supporre lo scambio tra Franco Bernabé e Franco Romani, la marcia indietro delluno sulla confisca (strisciante?) della rete fissa contro la marcia indietro (definitiva?) dellaltro sullarruolamento di Santoro alla La7. Dopodiché, a conti fatti, le mie riflessioni procedono in direzione opposta alle sue: Mucchetti si muove, per così dire, verso valle, e ne trae considerazioni sul conflitto di interessi e sui rapporti tra industria ed editoria; io invece guardo a monte, alla questione da cui il fatto ha origine: la questione dei diritti di proprietà sulla rete.
Uso una parola forte, confisca, perché sono convinto che la rete sia indubitabilmente di proprietà di Telecom: lo Stato lha venduta a privati, altri privati se la sono scambiata, il Governo ha favorito una soluzione proprietaria per il cui equilibrio finanziario la rete è collateral indispensabile. Si può non essere daccordo, e allora si esponga in base a quali argomenti giuridici o regolamentari: e lo si faccia. Si può essere daccordo, ma trovare troppo oneroso risolvere la questione per via negoziale, e allora lo si dica chiaro al mercato, clienti e concorrenti: e poi si taccia.
Certo che bisognerebbe eliminare i conflitti di interesse nei media: ma non sarà presto fatto in un paese in cui tutti i media che contano sono di proprietà di editori che hanno anche altre importanti attività industriali, uno di loro, pro tempore, addirittura di governo. Non sarà fatto finché rimane il potere discrezionale che ha da noi la politica, cioè lincertezza del diritto, primo fra tutti quello di proprietà. Se non fa scandalo che lo Stato pensi a confiscare un bene privato, preservare assetti proprietari dei media costitutivamente in conflitto di interesse continuerà ad apparire vantaggioso, perfin necessario: e tollerabile che ci sia chi se ne scandalizza.
La confisca non risolve il problema
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