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La concretezza di Draghi

Sessanta anni fa, il 29 marzo del 1946, ho assistito per la prima volta come uno di tre giornalisti economici, a due Adunanze Generali Ordinarie contestuali dei 79 partecipanti di allora alla Banca d’Italia per l’approvazione dei bilanci sull’anno 1944 e poi del 1945, il primo dopo la riunificazione dell’allora, ancora, Regno d’Italia. Luigi Einaudi, nuovo Governatore, dette lettura della prima pagina e poi di quelle finali di due relazioni (l’una di 88 pagine e l’ultima di 266). In esse non ho trovato alcun ringraziamento ad Azzolini, il predecessore, che si era trasferito con la Banca d’Italia del nord a Moltrasio sopra Como ed era riuscito a sottrarre alle grinfie degli occupanti tedeschi l’oro della riserva (un mio articolo sul Journal de Genève del giugno 1946 ne ha ritracciato la storia). Anche Azzolini era in attesa di giudizio. A Fazio, Draghi ha almeno dedicato un sia pur gelido “riconoscimento non formale”. Io ci avrei messo più calore!

La stringatezza delle considerazioni finali del nuovo Governatore, Mario Draghi, è di buon auspicio perché – come Luigi Einaudi – chi ha le idee semplici e chiare, non solo sa farsi capire e convincere, ma sarà più determinato sulla strada da percorrere. Gli obiettivi che Draghi ha proposto sono tutti apparsi tra loro coerenti e rispondono alla logica di mercato libero che il mondo ha adottato, con l’eccezione di alcuni nuovi regimi sud-americani ed asiatici. Draghi non è stato né di destra né di sinistra. Non ha fatto politica. Ha solo detto che è necessario il consenso sul “disegno del futuro” e “concordia sull’azione del presente”. Siamo d’accordo, ma – con epigoni sindacali nei primi tre poteri dello Stato – gli applausi generalizzati ci sono apparsi formali e così temiamo che non ci sarà seguito. Un forte dissenso, comunque, è quello del sottosegretario verde all’economia, on. Cento, che si era ricordato delle sue letture su “le Monde “ nel 1968 ed aveva affermato che “la crescita non è importante”: proprio l’opposto della tesi centrale di Draghi. Il nuovo governatore anche suscitato la critica dei tre sindacati con la richiesta impellente di aumentare l’età del pensionamento. “L’abbiamo già fatto indirettamente.” ha detto Angeletti. “Non ha parlato dei consumi e della distribuzione dei redditi”, ha accusato Epifani che non aveva letto le pagine sui redditi familiari ed i consumi. Ai sindacati non sono neppur piaciute le opinioni di Draghi sulla flessibilità del lavoro indispensabile per rapide riallocazioni nel mutato scenario competitivo ed ancor meno l’affermazione “occorre tutelare il lavoratore piuttosto che il posto di lavoro”. Inquieto pare sia stato anche il Ministro DS dell’Università, Fabio Mussi (che ha già promesso di aumentare le prebende delle migliaia di compagni ricercatori), quando ha detto che, prima di maggiori spese, occorre rimediare alla stasi della produttività del lavoro per carenza di capitale umano soprattutto in campo scientifico e tecnologico, con nuove regole che premino il merito di docenti e ricercatori. E quando Prodi dice di accettare appieno i suggerimenti di Draghi, incluso quello di fare una correzione a tutti i livelli di spesa pari a 2 punti percentuali del pil, qualcosa vicino ai 30 miliardi di euro, ci sia consentito di dire che non lo riteniamo capace di imporsi ai demagoghi dell’estrema sinistra per realizzare questo obiettivo.

Fonte: Le Point International del 3 giugno 2006

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