• domenica , 8 Settembre 2024

“Italia indietro sulle nuove reti”

La commissaria europea Kroes: “Investimenti inadeguati in un settore essenziale per la ripresa. Telecom e le altre imprese fanno bene a consorziarsi. E la banda larga deve avere più frequenze”
Neelie Kroes comincia dalle reti del futuro, la generazione in fibra ottica su cui deve correre la ripresa del XXI secolo, la sfida che l’Italia ha lanciato con enfasi e che, invece, a Bruxelles risulta essere oggetto di «investimenti limitati». Occorrono qui come altrove, dice la commissaria Ue per l’Agenda digitale, «una forte spinta, uno stimolo cruciale per rilanciare l’economia della penisola». Servono soldi, avverte l’olandese che è convinta «sia doveroso agire in fretta». La Kroes sbarca oggi a Roma per una serie di incontri. Vedrà «l’amico Tremonti» e il neo ministro dell’Industria Romani, i vertici Telecom e Agcom, per parlare di come va l’Italia hitech e fare un bilancio destinato a offrire buone notizie ma non solo. Sul tavolo il problema delle frequenze liberate dal passaggio alla tv digitale, l’ultimo miglio per le connessioni telefoniche – sul quale Bruxelles ha ingaggiato un confronto sulla definizione dei prezzi che non torna – e il contenzioso sulle nuove fibre.
Commissaria, lei dice di non vedere abbastanza progressi in questo settore. Come mai?
«Sino a oggi non ci sono stati investimenti a sufficienza. E’ una circostanza che limita la concorrenza perché le infrastrutture in fibra non bastano. Il problema comincia qui…».
Si fatica però a intendersi su chi e come deve pagare.
«Una forte accelerazione in questa direzione è necessaria per rilanciare l’economia. Sarebbe bene se un buon numero di operatori decidesse di impiegare capitale per creare nuove infrastrutture. Se però nessuno, individualmente, è disposto a investire in queste aree, credo la soluzione possa essere quella di uno schema equilibrato di coinvestimento. Tenendo presente che è cruciale rispettare le regole antitrust e la disciplina europea in materia di aiuti di Stato».
Anche l’ex monopolista Telecom deve partecipare?
«Non spetta a me dire chi deve fare cosa. Ma se ci fosse un coinvestimento io credo che la partecipazione di Telecom laddove non ritiene di investire in prima persona debba essere fortemente incoraggiata».
C’è concorrenza in Italia in questo segmento?
«Si, ce n’è. Ma non è mai abbastanza».
Il passaggio dall’analogico al digitale ha liberato frequenze. Queste vanno assegnate alla banda larga. Come valuta la situazione italiana?
«L’Agcom ha presentato un piano delle frequenze che rappresenta un passo avanti. Confido che, nel distribuire il dividendo digitale nella banda degli 800 MHz, l’Italia sarà in linea col resto d’Europa».
Ce la farà a rispettare la scadenza del gennaio 2013 proposta dalla Commissione?
«Sono ottimista. Le indicazioni che mi arrivano dimostrano la volontà di cogliere e in tempo questa opportunità».
Il Tesoro vuol fare il pieno colle frequenze. Tutto bene?
«Non ho mai visto un ministro delle finanze non cercare modi per rimpinguare i forzieri pubblici. E’ il governo che decide, del resto c’è chi – come la Germania – lo ha già fatto. L’importante è rispettare le regole, assicurare un’adeguata copertura territoriale e garantire la trasparenza delle aste».
Sono da assegnare anche le frequenze tv. Avete deciso di ammettere Sky alla gara per il terrestre. A che punto siamo?
«L’Agcom ci ha informato di come intende procedere e noi le risponderemo in breve. Complessivamente, il mio collega Almunia e io siamo portati a pensare che l’Italia vada nella giusta direzione».
Anche con il cosiddetto “beauty contest” invece che un’asta vera e propria?
«La scelte delle regole è prerogativa delle capitali. Anche qui, conta il rispetto delle norme di trasparenza, non discriminazione e concorrenza».
Quando si parla di tv in Italia si sollevano anche questioni politiche legate al premier.
«Non sarebbe saggio per me dare giudizi politici. Soprattutto su una figura che ha sfaccettature e interessi diversi».
Veniamo all’ultimo miglio. Avete criticato i prezzi indicati dalla Agcom…
«La Commissione ha appoggiato il modello definito dall’Agcom per calcolare i prezzi all’ingrosso. Ha verificato che i costi della rete, equivalenti a circa il 70% dei costi di accesso, sono determinati in modo coerente col modello prescelto. Il dubbio sorge però nella definizione dei costi di manutenzione e commerciali. Abbiamo chiesto di ricalcolarli».
Qual è la questione?
«Non si può usare una metodologia che si basa sui costi efficienti di una rete di nuova costruzione e poi considerare alcuni costi esistenti. Il modello va bene. Il modo in cui viene applicato ad alcune voci deve essere migliorato».

Fonte: La Stampa del 10 novembre 2010

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