• giovedì , 21 Novembre 2024

Industria e farmaci, in arrivo una nuova Tangentopoli

Il decennale di Tangentopoli ha riproposto almeno quattro filoni di giudizio. Primo: i partigiani senza riserve dell’operato degli inquirenti di Mani pulite, quali che siano stati i loro metodi e le loro incursioni sul terreno della politica.. Portavoce più accreditato il direttore di “MicroMega”, Paolo Flores d’Arcais. Secondo: i favorevoli con riserva (fra i quali mi iscrivo) che hanno salutato come indispensabile l’iniziativa giudiziaria contro un sistema generalizzato di corruzione che aveva inquinato la vita politica ed economica del Paese. Detto questo, però, hanno sempre criticato e paventato gli eccessi che oltrepassavano le garanzie dell’azione penale, la propensione a trasferirla sul terreno politico , l’uso sconsiderato del rapporto coi media. Terzo: i contrari con riserva i quali, pur stigmatizzando la corruzione della Prima Repubblica, giudicano che “la violenta delegittimazione operata dai rivoluzionari giustizialisti” abbia causato la sfiducia dei cittadini nella politica, “commettendo il reato più grave contro la democrazia…al cui confronto non c’è appropriazione indebita che possa mettersi a paragone”. L’esito di questa “guerra civile” è la vittoria della “repubblica populistico-berlusconiana”, non scevra da aspetti giudicati addirittura “ripugnanti”. Epperò, proprio per questo, i sostenitori della suddetta tesi – alcuni editorialisti per la maggiore, nonché le riviste “Ragioni del socialismo” e “Mondo operaio”, per la penna soprattutto di Luciano Cafagna- diffidano dalla tendenza a porre una “questione morale” su Berlusconi, temendo che una condanna giudiziaria finisca per ampliare i suoi consensi . Quarto: i berlusconiani di stretta osservanza che dipingono Tangentopoli come un colpo di Stato giudiziario, eseguito, per conto dei “comunisti”, dalle “toghe rosse”, le quali starebbero proseguendo nelle malefatte perseguitando l’attuale presidente del Consiglio.
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Appare evidente come l’incrociarsi polemico di queste quattro posizioni abbia un immediato ricasco politico sulla percezione o meno di un pericolo in atto per lo stato di diritto, l’indipendenza della Magistratura, l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Per chi avverte questo pericolo, la difesa dello stato di diritto e la libertà processuale, è una trincea che non può essere abbandonata, quali che siano le conseguenze elettorali
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Ma, al di là di tutto questo, si sta verificando un altro effetto. La Magistratura, vilipesa in ogni occasione, contestata nel suo operare, messa sotto accusa nientemeno che dal governo e dalla sua maggioranza, appare fortemente indebolita agli occhi di tutti i cittadini. Il potere dissuasivo nei confronti della corruzione, che Tangentopoli aveva generato, è ormai quasi scomparso. Basta riflettere sull’ampiezza dello scandalo delle Molinette a Torino, dove il principale imputato, direttore generale dell’azienda ospedaliera, era un uomo chiave di Forza Italia in Piemonte, per rendersene conto. Quante Molinette sono tornate a fiorire, qua e là per l’Italia? Quel che poi più impressiona, almeno per chi abbia occasione di vivere la vita di ogni giorno, è il tornare alla luce della mini tangente: quella richiesta per far marciare una pratica, ottenere una autorizzazione, subire indenni una ispezione alla aziendina da parte di uno dei tanti enti di controllo. Passata la paura , chi non ha scrupoli “arrotonda” lo stipendio. Ancor più grave è l’incoraggiamento indiretto alla mafia, ben attenta ai segnali politici. Il procuratore generale di Palermo, Salvatore Celesti, nella sua recente allocuzione, dopo aver stigmatizzato la riduzione delle scorte agli inquirenti, ha aggiunto: “A tale riduzione non sembra affatto corrispondere un più ampio impegno sul territorio che dimostri, soprattutto nelle zone periferiche, dove più alligna la delinquenza, la presenza dello Stato nelle forme più percepibili dai cittadini…le leggi e gli strumenti di indagine (vedi rogatorie, ecc. ndr) non bastano a colpire i patrimoni dei boss che oggi, più che mai, sono all’estero…Le indagini continuano a svelare l’esistenza di una vasta rete di fiancheggiatori nei più svariati settori della società.” Chissà se si riferiva anche a Celesti il ministro La Loggia che, nel corso della stessa cerimonia , invece di prendersela coi mafiosi ha minacciato i magistrati, esclamando: “Vale la pena di fare un breve elenco di quei dodici, quattordici, sedici facinorosi che devono essere messi nelle condizioni di non poter continuare a fare questo attacco alla democrazia e alle istituzioni”. Anche la “cupola” fa parte delle istituzioni da mettere al riparo ?

Fonte: La Repubblica del 17 gennaio 2003

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