La discussione sui criteri di selezione del nuovo governatore della Banca d’Italia è in pieno sviluppo con interventi sui principali quotidiani nazionali, cui si è aggiunta domenica scorsa la voce autorevole di Guido Rossi su questo giornale. Va sottolineato anzitutto il valore positivo di tale confronto alla luce del sole, che consentirà al Governo di esercitare il suo potere di proposta e al presidente della Repubblica il suo potere di nomina, che certamente è anche di merito, con piena conoscenza di causa, al cospetto del Parlamento e dell’opinione pubblica.
Il punto di partenza appropriato per affrontare correttamente la questione mi pare stia nel disegno istituzionale del Sistema europeo delle banche centrali (Sebc), del quale la Banca d’Italia è parte integrante e al quale si applicano direttamente alcune disposizioni dei Trattati dell’Unione.
Al riguardo, l’articolo 130 del Trattato sul funzionamento dell’Unione (Tfue) dispone che «nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei doveri e dei compiti loro attribuiti dai Trattati e dallo Statuto del Sebc e della Bce, né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo». Inoltre, «le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca centrale o delle banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti» (i corsivi sono miei). Il testo dell’articolo del Tfue è ripetuto verbatim nell’articolo 7 dello Statuto del Sebc e della Bce, contenuto nel Protocollo n. 4, anch’esso parte integrante dei Trattati.
Dunque, esiste un vincolo “esterno” di natura quasi-costituzionale sulla scelta del futuro governatore che investe, insieme alle sue qualità personali e professionali, la sua indipendenza e la sua capacità di non farsi influenzare dall’Esecutivo. Come è ben noto, l’indipendenza che occorre specificatamente presidiare è quella dai poteri di bilancio, per evitare ogni possibile interferenza della funzione fiscale con quella monetaria. Evidentemente, questo vincolo è oggi più forte che nel passato, in quanto espressione di nuovi presidi istituzionali che un tempo non esistevano.
Diversa e separata questione è quella dei poteri della Banca d’Italia, estesi come è ben noto anche alla vigilanza bancaria. Certo, questo non è il modello prevalente in Francia e in Germania; ma lo è negli Stati Uniti, dove la Federal Reserve accentrerà tutte le funzioni di controllo sulle istituzioni finanziarie di rilevanza sistemica. Il Regno Unito aveva preso una strada diversa, concentrando tutti i poteri di vigilanza sui mercati finanziari nella Financial Services Authority (Fsa). Gli sconquassi derivanti dal cattivo coordinamento tra Bank of England e Fsa durante la crisi dell’intermediario immobiliare Northern Rock – dove per la prima volta della Grande Crisi degli anni Trenta si videro i depositanti in preda al panico in coda agli sportelli per ritirare i loro depositi – ha condotto il Governo inglese a una precipitosa retromarcia. Lo stesso ha fatto il Belgio. Più in generale, il Gruppo dei 20 e le autorità dei maggiori Paesi hanno ora convenuto sull’esigenza di concentrare nelle banche centrali la vigilanza sui rischi finanziari sistemici, facendo affluire a tal fine presso di esse anche le informazioni di vigilanza eventualmente raccolte da altre istituzioni.
Può tale questione influire sulla scelta del governatore? Qualcuno pensa di sì, non perché sia questo il momento di avviare una revisione dei poteri della Banca d’Italia, ma perché la concentrazione giudicata eccessiva dei poteri può rendere più attraente l’ipotesi di un candidato esterno, come elemento di discontinuità soprattutto negli indirizzi di vigilanza.
L’argomento non è senza peso e deve essere ben considerato. Ma allora – una volta garantita l’assoluta indipendenza dalla politica del candidato – diventano cruciali le sue qualità professionali, in questo caso la specifica conoscenza non solo della politica monetaria, ma anche dei meccanismi straordinariamente complessi della vigilanza bancaria.
Ricordo un caso illustre – quello di Guido Carli – in cui si trovò il modo d’immettere forze fresche nell’istituto di emissione facendole transitare per un gradino intermedio. Trattandosi d’istituzione tra le più delicate, una soluzione di ricambio graduale può servire bene l’esigenza di cambiamento e quella di continuità.
Indipendenza prima di tutto
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