• domenica , 22 Dicembre 2024

Impiego, servizi da rifondare (e la lunga marcia dei privati)

Alla fin fine si tratta di rifondarli. I centri per l’impiego sono indubbiamente una pietra angolare di qualsiasi strategia per il lavoro e del resto il loro numero (529) e gli addetti che hanno alle dipendenze (6.600) lo testimoniano. Ma nella pratica di tutti i giorni i centri riescono a malapena a tener dietro agli adempimenti amministrativi e poco più.
Da qui il dato sconfortante (anche se non nuovissimo): solo il 2,6% degli occupati ha trovato un posto grazie a loro. Il ministro Enrico Giovannini di questa rifondazione ne sta facendo una priorità ma tra il dire e il fare il divario è notevolissimo. Così si è dovuta formare l’ennesima task force del governo Letta, composta dalle varie istanze pubbliche che si occupano di lavoro, con il compito di disegnare i contorni della ripartenza.
Prima bisognerà decidere quali servizi i nuovi centri dovranno/potranno dare e successivamente ragionare su «come» e «chi» dovrà rapportarsi ai 3 milioni di disoccupati. La partita si presenta obiettivamente complicata per tutte le considerazioni sui vincoli burocratici che ben conosciamo.
Esiste, ad esempio, una querelle tra le Province e le Regioni su chi debba governare i centri per l’impiego. Sembrava scontato che ci fosse un’evoluzione a favore delle Regioni ma la recente sentenza della Corte Costituzionale ha reso meno ferrea quella certezza e rilanciato le ragioni dei «provincialisti».
Prendiamo un altro nodo: la banca dati che dovrebbe essere l’infrastruttura cognitiva necessaria per poter successivamente operare sul territorio. Oggi i profili personali di chi cerca un’occupazione sono custoditi e lavorati da più soggetti. Unioncamere gestisce il sistema Excelsior, Almalaurea riceve e cataloga i dati dei laureati, l’Isfol ha varato un’indagine sui ragazzi usciti dai corsi di formazione professionale e via di questo passo.
L’auspicio di Giovannini, da ex presidente dell’Istat, è razionalizzare l’esistente e renderlo omogeneo e a questo fine è prevista una visita di studio a Norimberga per visionare il centro dati della Repubblica federale tedesca. C’è poi da risolvere il nodo dei rapporti tra i centri per l’impiego e le agenzie private del lavoro che agiscono sotto diverse sigle come Gi Group, Adecco, Ranstadt, Manpower e così via.
I politici di tutti gli schieramenti quando ragionano dell’orientamento al lavoro sembrano dimenticare che si è creata nei fatti una gestione duale del mercato del lavoro. Le agenzie private che operano in regime di autorizzazione si sono guadagnate sul campo i loro spazi soprattutto perché hanno apportato una cultura commerciale laddove si agiva solo con input amministrativi.
Le agenzie non solo assistono il disoccupato (la domanda di lavoro) ma vanno a stimolare l’offerta offrendo alle imprese i servizi di reclutamento e formazione. Un passaggio importante per movimentare il mercato e creare valore. Il ministro sa che non si può fare a meno ormai dei privati, come del resto avviene nelle pratiche di tutti i Paesi che sono confrontabili con il nostro.
Il problema allora diventa come impostare e regolamentare la divisione dei compiti tra pubblico e privato. Già oggi in qualche territorio le due strutture collaborano su base volontaria ma evidentemente non basta. Si tratta, solo per limitarsi a qualche esempio, di normare l’accesso ai dati e stabilire la remunerazione che lo Stato dovrebbe riconoscere alle agenzie per ogni disoccupato formato e collocato. I timori e le resistenze dentro l’area pubblica sono forti e c’è anche chi si illude che una volta rifondati i centri i privati finiranno per restare ai margini del mercato

Fonte: Corriere della Sera del 17 luglio 2013

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