• venerdì , 22 Novembre 2024

Impensabile taglare le tasse. La spesa va ridotta ancora

La Corte dei Conti: serve uno sforzo paragonabile all’ingresso nell’euro.Nei prossimi anni, per rispettare gli impegni europei, ci aspetta uno sforzo «paragonabile a quanto si dovette fare alla metà degli anni ’90 per poter essere ammessi nella moneta unica fin dal suo avvio». La Corte dei Conti, l’organismo che sorveglia i bilanci pubblici, dà un giudizio abbastanza positivo su quanto il governo ha fatto nel 2010, ma vede nel futuro «un percorso impervio». I suoi calcoli e le sue simulazioni mostrano la necessità di tagli alle spese severi senza poter escludere, in aggiunta, aumenti delle tasse.
La nuova austerità, a differenza di quella di 16 anni fa, non sarebbe transitoria, diverrebbe permanente: per un lungo periodo la spesa pubblica dovrebbe assestarsi su livelli assai più bassi degli attuali, e «sarebbe impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale», dice Luigi Mazzillo, che presiede il coordinamento delle Sezioni riunite della Corte. Nel 2010 il governo è riuscito ad ottenere «risultati financo straordinari» nel contenimento delle spese, sia pure in parte a scapito degli investimenti; eppure l’eredità della crisi fa sì che le uscite correnti restino ancora 3,5 punti sopra il livello del 2007. Non sarà facile tagliare tanto. Inutile sperare che basti «limare al margine». Già sarà difficile rendere concreti (come Giulio Tremonti promette di fare entro luglio) gli interventi fino al 2014; negli anni ancora successivi là spesa corrente dovrà «ridursi in termini reali rispetto al livello, già compresso, previsto per il 2014». Occorre ripensare in grande i confini tra quello che lo Stato deve fare e quello che non potrà più fare, sostiene la Corte dei Conti a somiglianza di quanto aveva già detto di recente la Banca d’Italia. Inoltre, si può puntare sul recupero dell’evasione fiscale, che negli anni della crisi è cresciuta (anche in altri Paesi, ma da noi di più) per poi ridursi a partire dall’ultimo trimestre del 2009. I buoni risultati delle entrate nel 2010 sono in parte dovuti alle lotterie e a più rapide riscossioni, che in futuro non potranno continuare a dare altrettanto. L’evasione vera e propria resta alta: i calcolo teorico tra quanto il fisco dovrebbe incassare di Iva e quanto riscuote in concreto mostra un divario del 36%, mentre la Francia è al 10% e la Germania al 9%.
Il punto dolente, secondo la Corte, è che gli ampi proventi dalla lotta all’evasione messi in conto dal governo per quest’anno e il prossimo «appaiono incerti, e comunque sovradimensionati, in presenza di alcuni persistenti limiti nella strategia di contrasto». Il rapporto invita fra l’altro a diffidare dei dati sul successo delle verifiche condotte dalla Guardia di Finanza: sono numeri che «testimoniano dell’impegno» del Corpo; «ma prima di poterli qualificare come recuperi effettivi di evasione occorre che abbiano superato indenni tutti gli stadi, dall’accertamento alla riscossione». I controlli su piccole imprese e professionisti risultano nel 2010 diminuiti.
La recessione, nei calcoli della Corte, ha bruciato circa 160 miliardi (oltre un decimo) del prodotto lordo italiano. Non c’è invece alcuna indicazione in miliardi degli interventi di finanza pubblica necessari nei prossimi anni. Ci sono invece diverse ipotesi di quanto occorrerà fare in presenza di una crescita economica più veloce o più lenta negli anni, di efficacia minore o maggiore nel contenimento della spesa. Un lieve calo della pressione fiscale sarebbe possibile solo nell’ipotesi più rosea, e pressoché improbabile, di un aumento del prodotto lordo del 2,1% all’anno accompagnato a grande successo nel tagliare le spese.
Nell’ipotesi peggiore tra quelle contemplate – ma in sé piuttosto verosimile – di crescita del Pil all’1,1% e di una spesa corrente invariata in termini reali, le tasse dovrebbero addirittura aumentare. Nel 2015, per rispettare il nuovo obbligo europeo alla riduzione del debito contenuto nel «Patto euro-plus», occorrerebbe àccrescere la pressione fiscale di ben un punto e mezzo, per ridurla poi solo gradatamente negli anni futuri.

Fonte: La Stampa del 25 maggio 2011

Articoli dell'autore

Commenti disabilitati.