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Il vuoto di potere nel palazzo di Washington. Cina e India contro i candidati europei

Una vera tragedia economica per la Ue che resta senza l’ uomo-chiave che a Washington ha spinto il Fondo Monetario a partecipare a tutti i salvataggi in Europa: Grecia e Portogallo sono i dossier “bollenti” di questi giorni, mentre prima era toccato a Irlanda, Ungheria, Romania, Lettonia. Ma l’ arresto del managing director dell’ organizzazione, Dominique Strauss-Kahn, con l’ accusa di stupro fa sprofondare in una tempesta senza precedenti lo stesso Fmi proprio mentre l’ organismo, recuperato un ruolo centrale nell’ economia internazionale, cerca di modificare il suo assetto per adeguarsi alla nuova realtà del mondo globalizzato. Ieri pomeriggio (notte fonda in Italia) nel palazzone di cemento della Diciannovesima Strada, nel deserto domenicale della Washington degli uffici, i direttori esecutivi del Fondo hanno tenuto una prima riunione d’ emergenza. Dirigenti disorientati, sotto shock: tutti sapevano della turbolenta vita privata del loro capo – i suoi tre matrimoni, la fama di seduttore, le molte avventure compresa una storia extraconiugale consumata proprio al Fondo con un’ avvenente economista ungherese – ma l’ accusa di violenza carnale è un’ altra cosa. Per ora pare ci si limiti a conferire poteri di supplenza (almeno fino alla scarcerazione di Strauss-Kahn) a John Lipsky, l’ economista americano (tra l’ altro dimissionario perché a fine mandato) che è primo vicedirettore generale. Con l’ ex ministro francese che appariva da qualche tempo orientato a lasciare anticipatamente l’ incarico a Washington per sfidare Sarkozy alle presidenziali del 2012, al Fondo era iniziato un dibattito neanche troppo sotterraneo sulla successione. Discussioni complicate dal fatto che i Paesi emergenti non accettano più di essere tagliati fuori dai vertici di Fmi e Banca Mondiale che dalla loro fondazione, nel 1946, ad oggi hanno avuto rispettivamente 10 direttori generali tutti europei e 12 presidenti tutti statunitensi. Era stato lo stesso Strauss-Kahn a dichiarare superato questo schema concordato alla fine della Seconda guerra mondiale. Ormai l’ Asia rappresenta più di un terzo dell’ economia planetaria e rivendica un ruolo maggiore. Da mesi è iniziato un totonomine nel quale vengono dati di volta in volta in “pole position” candidati indiani (il governatore della banca centrale, Duvvuri Subbarao, e il vicecapo della Pianificazione del Fmi, Mutek Singh Ahluwalia), turchi (Kemal Dervis ex ministro ed ex capo del dipartimento Onu per lo sviluppo economico), sudafricani (l’ ex ministro delle Finanze, Trevor Manuel). Molto accreditato anche il ministro delle Finanze di Singapore Tharman Shanmugaratnam: asiatico, ma gradito agli Stati Uniti, un praticabile compromesso, secondo molti. I cinesi – in gioco con l’ ex vicegovernatore della Banca Centrale di Pechino, Zhu Min, divenuto assistente speciale di Strauss-Kahn – per ora resterebbero un passo indietro, accontentandosi di un vicedirettore generale. In ogni caso, cambiamenti radicali che rendono vulnerabile l’ Europa proprio mentre è in mezzo alla tempesta del debito sovrano di alcuni partner. Cambiamenti che hanno bisogno di tempo per maturare. Il Fondo ha modificato al suo interno i “pesi” dei vari contribuenti, ma il processo istituzionale non è ancora completato. E poi la volontà politica di cambiare c’ è, ma non sembra in grado di produrre un comune degli “emergenti”. Si pensava di avere tempo fino a fine 2012 per trovare un nuovo equilibrio. Poi, quando Strauss-Kahn aveva cominciato a puntare all’ Eliseo (cosa che l’ avrebbe costretto a dimettersi tra due mesi per partecipare alle “primarie”), si era cominciato a parlare di una presidenza di transizione – magari con un mandato ridotto – affidata ancora per una volta a un europeo. Erano circolati i nomi di Gordon Brown (subito “impallinato” dal suo premier, Cameron) e del ministro francese dell’ Economia, Christine Lagarde. Ora l’ arresto di Strauss-Kahn butta tutto all’ aria. Proprio oggi l’ Eurogruppo dovrebbe dare il via libera alla designazione di Mario Draghi alla presidenza della Bce. Lo stesso Draghi che la Merkel avrebbe invece voluto vedere, in un primo tempo, al vertice del Fondo monetario.

Fonte: Corriere della Sera del 16 maggio 2011

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