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Il tempo che sta finendo

A Mario Monti che spiega all’Europa le linee della manovra in volo oltre i 20 miliardi, la Commissione Ue dice con toni allarmati che occorre agire in fretta, perché «l’Italia può farcela a superare una breve fase di turbolenze, ma i rischi di un’ampia crisi del debito possono aumentare rapidamente in assenza d’una determinata risposta politica». Bruxelles vuole ostentare fiducia e il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, rileva che «le misure presentate rappresentano una buona base su cui fondare riforme ambiziose e garantire gli obiettivi sperato». Eppure ciò non basta a scacciare la paura dell’effetto domino. «Una crisi di liquidità italiana – si avverte -, potrebbe sfociare in una crisi di solvibilità, con ripercussioni che, viste le dimensioni dell’esposizione, potrebbero avere ripercussioni molto acute per altri grandi paesi dell’Eurozona».
E’ un pensiero già noto, rimanda al comunicato di Palazzo Chigi che riferiva i timori di chi, come Francia e Germania, lega il successo del riequilibrio dei 1,9 trilioni del nostro debito nazionale alla tenuta stessa dell’Eurozona. I ministri economici dell’Eurozona ne hanno discusso ieri a Bruxelles, prima ascoltando i piani del professor Monti – all’esordio europeo coi galloni da ministro del Tesoro -, poi lasciando il tempo al commissario Ue all’economia, Olli Rehn, per brandire bastone e carota al neopremier italiano, infine per tuffarsi nella discussione sulla ciambella con cui salvare l’Eurozona se fosse colpita da tsunami debitorio.
L’Italia è considerato l’anello debole della catena, per il costo crescente del finanziamento del debito (i Btp hanno sfiorato l’8%) e per l’economia ingolfata che prospetta un 2012 di recessione che, fra l’altro, porterà in dote un deterioramento del rapporto debito/pil. L’attuale alto livello dei tassi, scrive la Commissione nel rapporto intavolato ieri, «potrebbe aumentare il rischio di una fuga dal debito italiano capace di autoalimentarsi». Per questo Monti deve agire, spiegando «in modo chiaro e convincenti gli alti costi di un fallimento».
«La situazione continentale è piuttosto urgente», ammette Jan de Jager, il falco olandese. E’ convinto che si richieda «una soluzione che comprenda un fondo di emergenza». Lo stesso Monti ha convenuto con Jean-Claude Juncker, che «è necessaria una pronta attuazione dei firewall», cioè la protezione per il club dell’euromoneta. A partire proprio dal fondo temporaneo Efsf.
I leader dell’Eurozona hanno dato il loro assenso, in ottobre, perché lo strumento anticrac vada oltre l’attuale dote (è di 440 miliardi), dunque con la possibilità di aumentarsi la dote attraverso il ricorso alla leva finanziaria. Ieri l’Eurogruppo ha sentenziato che va bene, Il problema è la misura, le cifre non ci sono. Si è parlato di un moltiplicatore di 3-5 volte, ha assicurato Juncker. Garantendo il 20-30 per cento delle nuove emssioni. Con la partecipazione di investitori stranieri. «Quote non grandi – dice una fonte -. La strada asiatica è aperta»
L’obiettivo è arrivare almeno a mille miliardi di potenza di fuoco, anche se in questa fase le cifre vanno prese con cautela. Attualmente la parte non impegnata dei mezzi dell’Efsf è inferiore ai 300 miliardi. Mentre si stima in 600 miliardi il flusso da produrre per togliere eventualmente una peso massimo come l’Italia dai guai, somma che potrebbe arrivare dal Fondo monetario con qualche aiutino. In serata Francia e Germania hanno diffuso un comunicato per dire che «si rimettono alla decisioni di Mario Draghi», il che vale per i ruoli interni alla banca e non solo. Una delle ipotesi che circolano con forza è quella che vedrebbe Francoforte iniettare capitali nel Fmi e quest’ultimo intervenire attraverso l’Efsf. Si farà? La partita è aperta. Come quella sul rafforzamento del Patto di Stabilità a cui lavorano Berlino e parigi. L’Italia, spiegano le fonti, è pronta a completare il terzetto, anche se «ora si tiene alla larga». Dopo il 5 dicembre, il giorno della manovrona, Monti potrebbe calare le carte anche su questo fronte.

Fonte: La Stampa del 30 novembre 2011

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