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Il segreto degli “scenari” europei

A una settimana dal voto, con un’incertezza crescente sull’esito, lo sfidante socialdemocratico Peer Steinbrueck avrebbe una carta decisiva per indebolire Angela Merkel: la pubblicazione dei cosiddetti “Scenari”. Si tratta delle stime dei costi finanziari che Berlino e Francoforte calcolano in ragione di come finirà la crisi dell’euro. Ma questi documenti, che rivelerebbero gli enormi costi potenziali sia dei salvataggi, sia di varie forme di rottura della moneta unica, sono tenuti sotto chiave.
A chi li chiede, il governo risponde che se ne è occupato un gruppo di studio presso la Bundesbank. Chi allora si rivolge alla Bundesbank riceve da Bernd Krauskopf, il capo dell’ufficio legale, la risposta che non possono essere resi pubblici perché sono elaborati nel contesto del Sistema europeo di Banche centrali, un’istituzione di diritto europeo e quindi estranea alle leggi tedesche sulla trasparenza delle informazioni.
La pubblicazione degli “Scenari” metterebbe in chiaro i rischi ancora latenti nella crisi dell’euro. Scalfirebbe quindi la fiducia degli elettori nella cancelliera. Una fiducia che si basa principalmente sulla capacità di gestione della crisi europea. Il grafico in pagina mostra come dal maggio 2010 si sia interrotto il rapido recupero elettorale del partito socialdemocratico (Spd) e abbia cominciato ad aprirsi la forbice tra i due maggiori partiti. Dalla metà del 2010 infatti, con il salvataggio della Grecia, la responsabilità della crisi globale non viene più attribuita ai banchieri – con grande beneficio dell’Spd – ma a singoli paesi “periferici” con le finanze pubbliche non in odine, a vantaggio della Cdu. Da allora la distanza tra Cdu e Spd è passata da 3 a 18 punti.
Ma Steinbrueck non può chiedere la pubblicazione degli “Scenari” perchè l’Spd ha votato coerentemente tutte le politiche europee della cancelliera. Il programma elettorale del partito ha parole alte e generose nei confronti dell’Europa federale, «esempio unico di democrazia transnazionale» e Verdi e Spd sono certamente i partiti che più degli altri hanno difeso l’integrità della moneta unica. Ora però non possono corteggiare gli elettori sostenendo che i rischi si sono rivelati altissimi o che c’erano altre strade da seguire.
Chi può farlo è invece “Alternativa per la Germania”, il partito euro-scettico che cresce nei sondaggi e vuole mettere a nudo che la strategia europea della cancelliera non era «senza alternativa». Chi ha visto gli “Scenari” dice però che il tratto comune è che tutti gli sviluppi sono potenzialmente devastanti dal punto di vista finanziario. Solo la preservazione dell’euro non lo è – almeno inizialmente – anche dal punto di vista politico.
Per capire perché la crisi dell’euro abbia così polarizzato l’elettorato tedesco, bisogna leggere bene i sondaggi. Dalla loro analisi emergono tre diverse Germanie che hanno tre diversi riferimenti tematici: una Germania “sociale” (temi di equità e giustizia), una “culturale” (famiglia, ambiente, nazione) e una “economica”. Per gli analisti politici, le preferenze dei tedeschi vanno a un’economia cristiano-liberale in una società e in una cultura socialdemocratiche. L’Spd punta infatti sull’idea sociale di un’Europa unita dalla cultura della solidarietà. Ma è poco efficace di fronte alla difesa degli interessi economici dei contribuenti tedeschi vantata dalla Merkel. In questo contesto, il vantaggio della Cdu si giustifica con tre elementi di forza tutti legati strettamente alla crisi in corso: i destini dell’euro come tema primario di preoccupazione per gli elettori; la competenza economica riconosciuta alla Cdu più che all’Spd; la convergenza di tutto ciò nella figura di Super-Merkel, leader dominante in Europa.
Per l’Spd la questione dell’euro sembra una trincea senza via d’uscita. Anno dopo anno, la cancelliera ha adottato infatti uno stile presidenziale che è rispettato all’estero e ha evitato di dare connotazioni politiche di parte alla sua politica europea. Il fatto che le trattative siano condotte tra capi di governo ha molto ridimensionato i margini di critica del Parlamento e quindi anche dell’Spd che vuole rimanere costruttiva per assicurarsi uno status adeguato all’ambizione di governare in futuro. Merkel intanto ha fatto coincidere perfettamente la linea europea con l’immagine che i tedeschi hanno di lei, come di una personalità concreta, non vanitosa, affidabile, intelligente e lavoratrice.
La cancelliera evita di dilungarsi in alternative, delle quali anzi nega l’esistenza, e ciò le permette di porsi come un perno per politiche di conciliazione all’interno del paese e infine come rappresentante degli interessi di tutti gli elettori nazionali. Infine ha accentuato la sua immagine di centralità politica con una strategia di “sottrazione” dei temi cari all’Spd e ai Verdi, inglobandoli in una piattaforma elettorale che appare così ecumenica.
Alla fine, quello che Verdi e socialdemocratici considerano “Euro-egoismo” da parte della cancelliera, diventa politicamente inattaccabile. Sia Merkel sia Steinbrueck sanno che la grande maggioranza degli elettori condivide tre pericolose semplificazioni sulla crisi: Merkel sta tenendo assieme la nostra moneta; noi tedeschi abbiamo già mostrato abbastanza solidarietà con gli altri paesi; è del tutto logico che se dobbiamo dare i nostri soldi a qualcun altro, abbiamo anche il diritto di dire a quei paesi che cosa debbano fare.
Mettere in dubbio l’Euro-egoismo di Frau Merkel richiede la riscrittura della crisi dalle sue origini come Steinbrueck finalmente sta cercando di fare negli ultimi passaggi della campagna, restituendo la responsabilità alle banche anziché a singoli paesi poco tedeschi. La differenza politica è enorme, perché nel primo caso la soluzione riguarda il modello economico e sociale europeo e va trovata tutti insieme, mentre nel secondo caso è una soluzione che distingue tra paesi buoni e cattivi e sottrae alla Germania la posizione di paese virtuoso che insegna agli altri la giusta strada.
Il messaggio europeista di Steinbrueck sembra aver colpito una parte del 40% di elettori indecisi e l’Spd vede di nuovo crescere i consensi. Ma sottolineare troppo il fallimento della terapia Merkel nei paesi vicini impoveriti, è come recitare i tragici versi di Paul Celan: “La morte è un maestro tedesco”. Difficilmente uno slogan buono per vincere le elezioni in Germania. È un percorso elettoralmente poco sicuro anche perché la Germania è l’unico paese in cui la crisi non ha avuto effetti diseguali sul reddito degli elettori. Il tema della giustizia sociale, il cavallo di battaglia dell’Spd, è quindi inservibile. La crisi inoltre ha portato benefici finanziari concreti, ma anche un prestigio politico che alla Germania mancava dai tempi di Bismarck. Infine la crisi non si è ripercossa affatto sull’occupazione, l’altro cavallo di battaglia dell’Spd, che invece ha continuato ad aumentare.
L’unica via d’uscita per l’Spd è puntare sulla crescita come terapia mancante nella diagnosi dell’euro-crisi. Ma per quanto l’Spd possa criticare Merkel per le conseguenze sociali della crisi negli altri paesi, fu Gerhard Schroeder, l’ultimo cancelliere socialdemocratico, a varare l’Agenda 2010 delle riforme strutturali che – nella retorica ingannevole di questi anni – ha determinato il ritorno alla crescita della Germania. Non sarebbe comprensibile oggi che l’Spd giudicasse ingiusta in altri paesi una terapia di risparmi e riforme.

Fonte: Sole 24 Ore del 14 settembre 2013

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