I salvataggi pubblici delle banche decisi in seguito alla crisi finanziaria «sono stati necessari per la stabilità finanziaria, per ragioni macroeconomiche, ma hanno rafforzato l’azzardo morale in modo molto significativo, aumentando il leverage e l’assunzione di rischio delle aziende più grandi». I problemi delle banche troppo grandi per fallire sono stati l’argomento di un intervento del governatore della Banca d’Italia, e presidente del Financial stability board Mario Draghi, pubblicato nella newsletter dell’Eurofi, il think tank diretto da Jacques de Larosière che ha organizzato una conferenza, in concomitanza con il G-20 finanziario.
«Le nostre società democratiche non possono accettare un’altra crisi finanziaria», ha poi detto Draghi in un discorso al gala dinner in serata, aggiungendo che «il denaro dei contribuenti in futuro non dovrà essere utilizzato in caso di crisi».
L’agenda del governatore di Bankitalia – che secondo molti dei banchieri presenti a Parigi sta diventando il front runner nella gara per la presidenza della Bce – è piuttosto fitta in questo G-20, nel quale fa ufficialmente il suo debutto un tema estremamente complicato addirittura sotto il profilo definitorio, visto che si va dagli hedge fund alle società veicolo, a certi tipi di cartolarizzazioni e che si tratta del luogo d’eccellenza dell’incontrollata innovazione finanziaria: si tratta del tema dello shadow banking.
Così, proprio al “sistema bancario ombra” ha fatto riferimento Draghi nel suo speech serale all’Eurofi. Draghi ha infatti sottolineato la necessità di contenere lo shadow banking. Mentre costruiamo difese all’interno della parte regolata del sistema finanziario, stiamo di fatto anche creando incentivi per far riversare sia i rischi che le attività nello shadow banking, ha spiegato il governatore. Il Financial stability board, ha quindi affermato Draghi, è impegnato in un grosso esercizio di mappatura per determinare dove esista l’esigenza concreta di monitorare, di creare nuova supervisione e soluzioni di tipo regolatorio all’interno di questo contesto.
Ci stiamo concentrando, ha detto ancora il governatore, su attività che di fatto implichino intermediazione creditizia, trasformazioni di scadenze e leva finanziaria al di fuori del sistema bancario regolamentato. Il punto, infatti, è che sotto il profilo funzionale a questo tipo di attività dovrebbero applicarsi regole identiche a quelle che vengono applicate all’interno del sistema creditizio ufficiale.
Facile da affermare, ha sottolineato Draghi, molto meno facile da mettere in pratica. Tuttavia, ha aggiunto, il Financial stability board sta facendo rapidi progressi nel definire le questioni e nel costruire una struttura regolatoria che sia adatta anche agli inevitabili rapidi cambiamenti che intervengono in questo campo.
Già al G-20 di Seul, in effetti, mentre si discuteva di come completare il nuovo regime sui requisiti di capitale delle banche (Basilea 3) i leader dei paesi maggiormente industrializzati avevano individuato nel sistema bancario-ombra la fonte di nuovi possibili rischi potenziali. Si tratta secondo le stime del Fmi di un’area opaca che ha mosso capitali per di 16mila miliardi di dollari solo nella prima parte del 2010.
Al Financial stability board diretto da Draghi è stato così affidato il compito di redigere in primo luogo una appropriata definizione che consenta di valutare con esattezza il perimetro dello shadow banking sistem, con una definizione generica del tipo: «Chiamiamo sistema bancario ombra tutte quelle strutture e tutti quegli strumenti finanziari che non sono soggetti a una giurisdizione», si possono incontrare problemi di accettazione da parte di alcuni paesi (per esempio l’Irlanda potrebbe risultare uno dei maggiori centri di shadow banking). Andrà poi predisposto un set di proposte per riportare sotto controllo anche quest’area.
“Il salvataggio delle banche ha creato azzardo morale”
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