• giovedì , 21 Novembre 2024

Il ruolo dei Brics e l’antidoto al mondo anti-Occidente

di Fabrizio Onida

Forse mai come oggi le Nazioni Unite sono apparse così appannate e impotenti nel gestire una fase di storia del dopoguerra dominata da venti di guerra, minacce nucleari, terrorismo, crisi dei partiti moderati, dilagare di istanze illiberali e populiste nel cuore delle democrazie liberali. I periodici vertici del G7 (convenzionalmente visto come espressione dell’Occidente) e anche del G20 (una somma di G7 e “Sud globale”) appaiono da tempo esercizi rituali più che piattaforme per la governance globale.

E’ interessante capire se e come vanno delineandosi le reciproche posizioni e le iniziative di nuove aggregazioni che si intrecciano con quelle storicamente multilaterali (Onu, Fondo Monetario Internazionale, Banca mondiale, WTO). La più interessante di queste nuove aggregazioni è probabilmente BRICS, un coordinamento diplomatico informale originariamente fra 4 paesi (Brasile, Russia, India, Cina) poi esteso al quinto partner (Sud Africa) con la sigla suggerita nel 2001 da Jim O’Neill di Goldman Sachs. BRICS si è recentemente allargata a 10 paesi con l’aggiunta di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto, Etiopia, mentre in Argentina il nuovo governo Milei ha preferito rinunciare almeno per ora alla partecipazione del paese. In questi mesi stanno affollandosi le richieste di entrare a far parte dei BRICS, a cominciare da colossi come la Turchia e l’Indonesia. Da notare che la Turchia, la cui candidatura a entrare nella Ue giace a Bruxelles da tempi biblici, continua a esportare droni e nuovi sistemi d’arma, presentandosi come difensore dei diritti dei palestinesi.

Un obiettivo dichiarato fin dai primi summit dei BRICS, ancorché realisticamente destinato a incidere molto poco sulla composizione dei portafogli monetari internazionali fortemente condizionati dal sistema bancario statunitense, è quello di promuovere l’adozione delle monete nazionali dei membri del gruppo come valuta di denominazione degli scambi e degli investimenti all’interno del blocco, in alternativa al dollaro, visto come comodo ma indesiderato egemone del sistema monetario internazionale.

In parallelo con la Banca Mondiale, dal 2013 il blocco ha varato la “Nuova Banca di Sviluppo”, che ha promesso di finanziare un ambizioso progetto infrastrutturale di corridoio multimediale (nave, ferro, strade) di 7200 km. che potrebbe connettere India-Iran-Azerbaijan, Asia centrale, Russia, Europa, in alternativa alla più lunga e costosa rotta di Suez.

Complessivamente il gruppo BRICS-10 rappresenta oggi il 42% della popolazione mondiale (contro meno del 10% del G7), il 20% del Pil mondiale a cambi correnti ma il 36% a calcolato a parità dei poteri d’acquisto PPA (contro il 30% del G7), il 40% della produzione mondiale di petrolio. Talune proiezioni al 2028 danno la composizione del Pil mondiale a PPA col 38% dei BRICS e il G7 ben distaccato con meno del 28%. Di fatto i BRICS sono un “G20 meno l’Occidente”.

In attesa del prossimo Summit BRICS-10 a Kazan (Federazione Russa, presieduta da Putin) del prossimo 22-24 ottobre, un articolo di Foreign Affairs (24 settembre) si interroga su come va cambiando l’ordine globale. Va da sé che gli scenari geopolitici sono in questi mesi soggetti a grandi incertezze, ma (non sorprendentemente) il principale ostacolo al consolidarsi di un ruolo pro-attivo dei BRICS come protagonisti di un nuovo ordine economico mondiale discende da una (insanabile?) spaccatura interna. Da un lato si collocano tre paesi-chiave come Cina-Russia-Iran decisamente schierati su un fronte anti-Occidente e avversari della egemonia strategica Usa. Anche se fra i tre paesi vi sono profonde differenze di cultura e regime politico: si pensi alle distanze storiche fra la radice confuciana cinese e quella cristiana ortodossa, e ancor più alla presenza di un regime teocratico come quello dell’Iran.

Dall’altro lato i restanti membri dei BRICS rispecchiano in buona misura l’eredità della vecchia tradizione dei paesi “non allineati”, oggi certamente critici nei confronti dell’egemonia economica e politica americana, ma contrari ad atteggiamenti di aperta ostilità agli Usa: basti pensare agli sforzi diplomatici congiunti Usa-Arabia Saudita per cercare una soluzione al nodo palestinese, nonché a realtà come la capillare presenza di docenti e studenti indiani nelle università statunitensi.

Obiettivo prioritario è la ricerca di un mondo più multipolare che superi il potere unipolare degli Usa. Il presidente brasiliano Lula ha più volte ribadito che il gruppo dei BRICS “non è contro nessuno”, tanto meno contro il G7. Sulla guerra in Ukraina il gruppo continua a condannare la flagrante violazione del diritto internazionale da parte della Russia di Putin ma resta contrario alle sanzioni anti-russe dell’Occidente. Peraltro Brasile e India importano dalla Russia cospicui quantitativi di beni energetici e fertilizzanti.

L’articolo di Foreign Affairs si augura che l’emergere dei BRICS funga da antidoto all’avanzamento di un ordine globale in chiave anti-occidentale.

(Sole 24 Ore, 9 ottobre 2024)

Fonte: Sole 24 Ore, 9 ottobre 2024

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