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Il presidente alla scoperta delle sue radici irlandesi

Vecchio continente.Prima tappa del viaggio in Europa che toccherà la Gran Bretagna, la Francia (per il G8) e la Polonia Moneygall, 300 anime, due pub, 5 negozi.Da qui nel 1850 emigrò un suo antenato.
«O’ Leary, O’ Really, O’ Hare and O’ Hara, non c’ è un altro irlandese come Barack O’ Bama» canteranno oggi i neanche 300 abitanti di Moneygall, accogliendo il presidente americano che proprio da qui – il villaggio, non lontano da Dublino, dei suoi antenati materni – inizia il suo primo viaggio europeo del 2011. Irlanda, Polonia, Gran Bretagna e il vertice del G8 in Francia: Obama corre veloce, in equilibrio precario tra vecchie alleanze e nuove sfide. Incoraggia la «primavera araba», fa arrabbiare Israele, sposta il baricentro della sua politica sempre più verso il Pacifico e l’ Asia. Il peso dell’ Europa è destinato a uscirne ridimensionato, ma gli alleati storici dell’ America, come le sue radici, sono nel vecchio Continente. La visita al villaggio dal quale nel 1850 il suo antenato Falmouth Kearney partì per gli Stati Uniti è un viaggio alla ricerca delle sue origini, ma anche un omaggio all’ Europa e alla piccola Irlanda che, incredibilmente, può vantare ben 22 dei 44 presidenti americani tra i suoi discendenti. Il più celebre è John Kennedy, ma origini «irish» più o meno remote le hanno dichiarate anche George Bush e Bill Clinton. Quando oggi arriverà a Moneygall, Obama sarà ad appena 45 miglia da Ballyporeen, il paesino della contea di Tipperary dal quale sono partiti per l’ America – sempre a metà del Diciannovesimo secolo – gli antenati di Ronald Reagan. Anche lui, nel 1984, fece il suo viaggio alla scoperta delle radici irlandesi. Dopo quella visita nel villaggio spuntarono otto «bed & breakfast», due bar e parecchi venditori di souvenir. A Moneygall per adesso ci sono solo cinque negozi, un ufficio postale e due pub. Nessun posto dove dormire o mangiare. Ma un ragazzo del luogo di origine italiana, Paul Costello, sta per aprire una pizzeria-taverna che si chiamerà «Obama Cafè». L’ industria dei souvenir è già in movimento, la faccia del presidente americano è ovunque: sugli accendini, i boccali, i portachiavi, le magliette. Se ne vendono anche con la scritta «Is Feidir Linn», che è il gaelico per «Yes, we can». La gente spera che Obama porti un po’ di turismo in queste regioni che hanno sempre oscillato tra dignitosa povertà e benessere spartano. Oggi il pendolo si è spostato di nuovo sulla crisi «nera», conseguenza del crac finanziario, dopo gli anni in cui la «tigre celtica» cresceva al ritmo dell’ 8 per cento, come la Cina, e importava manodopera dall’ Est europeo. Crisi fiscale, disoccupazione di massa. Ma nulla al confronto della carestia del 1840 che spinse Falmouth Kearney, un calzolaio molto intraprendente che aveva aperto vari esercizi commerciali, ad imbarcarsi per andare a cercare fortuna in Indiana. Nel 1850, due giorni dopo Falmouth, dallo stesso porto partirono anche gli antenati di Kennedy. E pure quelli di Reagan furono messi in fuga dalla stessa carestia. Discretamente occupata da qualche giorno da una cinquantina di agenti dei servizi segreti Usa – controllano tutto, anche i bagni del pub, l’ «Ollie Hayes’ s Bar», dove Obama andrà a bere l’ immancabile pinta di birra – Moneygall è stata trasformata in un set cinematografico: buche tappate, pavimentazione rifatta, tappeti ovunque, regalati da Ulster Carpets, mentre la Dulux ha offerto 3500 litri di vernice per ridipingere le facciate delle case. Il villaggio è assediato da centinaia di parabole e telecamere e si prevede che oggi venga invaso da 3000 ospiti oltre a diverse migliaia di curiosi. Su un «set» improvvisato, Henry Healey concede interviste a raffica: Abc, New York Times, Bbc, Al Jazeera, tutti in fila davanti a questo ragazzo di 26 anni. E’ il modesto contabile di un idraulico, ma l’ albero genealogico dice che è un cugino di ottavo grado di Obama. Forse è nata una stella: superato l’ impaccio iniziale, Healey ormai pontifica con la disinvoltura di un candidato che salta da una città all’ altra a caccia di voti.

Fonte: Corriere della Sera del 23 maggio 2011

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