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Il pragmatismo di scelte severe

Annunciando un intervento «non limitato» e soggetto a condizioni severe, Mario Draghi ha scelto la strada più pragmatica per contrastare la crisi dell’euroarea. Il pragmatismo è per definizione un difetto pieno di virtù. Le «condizionalità» per l’intervento della Bce, per esempio, scaricano la responsabilità della crisi solo sui Paesi attaccati dai mercati, Italia e Spagna in particolare, ma assicurano il sostegno politico dei Paesi creditori.
È pragmatismo politico anche dare una dimensione «non limitata» agli interventi a patto che essi non aumentino la moneta in circolazione, a dispetto del fatto che l’economia europea è sempre più debole. Nonostante questi compromessi lo strumento della Bce appare più solido ed efficace dei programmi passati di acquisto dei titoli.
Il percorso di Draghi era d’altronde molto stretto. Basti un esempio: le audizioni a Karlsruhe che stanno precedendo la sentenza di mercoledì prossimo sul Fondo di stabilità europeo – senza il quale non ci saranno nemmeno interventi della Bce – fanno capire che la Corte tedesca terrà conto degli effetti fiscali delle politiche annunciate ieri dalla Bce nel valutare l’ammissibilità del Fondo. Questi effetti fiscali non sono vistosi (data la breve durata dei titoli acquistati dalla Bce per di più dopo essere stati emessi), ma sono innegabili. Il voto negativo della Bundesbank alle misure approvate dalla Bce non è dunque un buon segnale in vista delle clausole nascoste nel prossimo giudizio di Karlsruhe.
In questi stretti limiti, Draghi ha dato una lettura ben formulata della strategia di Francoforte: l’obiettivo della Bce è «rompere il cattivo equilibrio» in cui le aspettative sulla reversibilità dell’euro finiscono per autoalimentarsi. La crisi ha spaccato l’euro area, fatto aumentare i tassi d’interesse in Spagna e Italia soffocando le loro economie e mettendo in dubbio la sostenibilità dei debiti e dello stesso euro. La Bce intende contrastare l’univocità delle aspettative che spingono al rialzo i tassi, con un intervento massiccio che escluda il rischio estremo di rottura dell’euro. Ora il mercato dovrebbe concentrarsi soprattutto sull’altro rischio: che i paesi sotto assistenza non rispettino i programmi. In tal senso l’intervento della Bce riduce il rischio euro, ma aumenta la pressione politica sui paesi più deboli.
Per Italia e Spagna è il riconoscimento della linea che hanno fatto valere al consiglio Ue di fine giugno. Ma non significa che le posizioni di Roma e soprattutto di Madrid siano al riparo dallo scrutinio, o per alcuni dall’ingerenza, dei partner. Come dimostra l’avvitarsi dell’economia europea, il danno alla credibilità dell’euro causato da quattro anni di cattiva gestione della crisi è troppo severo per pensare che il solo annuncio della Bce sia sufficiente a convincere gli investitori ad abbandonare le loro “paure infondate”, a credere alla irreversibilità della moneta unica e quindi a caricare sui tassi italiani o spagnoli solo un premio moderato. È probabile che già nel prossimo futuro per Madrid sia indispensabile attivare il programma precauzionale.
Le caratteristiche del programma evocato da Draghi sono note dal 21 luglio 2011 e sono descritte nelle «Linee guida dei programmi precauzionali» dell’Efsf e dell’Esm. L’aiuto è destinato a paesi che, nonostante politiche corrette, trovano difficoltà a finanziarsi sui mercati, ma che eviterebbero la classificazione di paese in crisi. Le procedure sono più leggere e più rapide di quelle dei programmi per Grecia, Irlanda e Portogallo. La Commissione Ue e la Bce ne disegnano i dettagli (volendo, con l’aiuto del Fondo monetario) e operano la sorveglianza trimestrale che consiste soprattutto in una verifica dei dati fiscali e finanziari in accordo con le politiche consigliate. Solo nel caso di inadempienze si attiva un programma completo, tipo Grecia, con l’intervento molto intrusivo della troika.
L’intervento della Bce annunciato ieri allontana la probabilità che un paese dell’area euro si trovi esposto a un default improvviso. Se anche da Karlsruhe verrà un via libera al Fondo di stabilità, l’area euro disporrà degli strumenti per difendere la propria integrità. Tuttavia è probabile che l’annuncio di ieri, proprio perché prefigura un meccanismo di aiuto efficiente, conveniente e difficile da sospendere, avvicini – anziché allontanare – il momento in cui la Spagna dovrà ricorrere a un programma di assistenza. È in quel momento che l’Italia dovrà giocare la partita più difficile se vuole evitare di finire anch’essa sotto programma.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 7 settembre 2012

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