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Il Pdl ha un asso nella manica per tornare a fare politica e si chiama Europa

Concludendo il dibattito in occasione della presentazione del Rapporto del Centro studi della Confindustria sulle previsioni economiche (dalle quali è emerso un quadro piuttosto fosco al punto da evocare gli scenari emersi a conclusione della prima guerra mondiale), il presidente Giorgio Squinzi ha apprezzato l’azione del Governo Monti e – senza addentrarsi, peraltro, nelle formule per la prossima legislatura – ha avanzato una proposta interessante allo scopo di confermare, anche dopo le elezioni di primavera, una linea di politica finanziaria ed economica coerente con la stabilità monetaria e le indicazioni dell’Unione europea.
Per realizzare tale obiettivo – ha suggerito Squinzi – l’Italia dovrebbe comunque richiedere il prestito ESM, sottoponendosi, quindi, all’assunzione di impegni destinati a vincolare qualsiasi esecutivo e maggioranza nella XVII legislatura: impegni il cui puntuale rispetto sarebbe costantemente monitorato dai della c.d. trojka (Ue, Bce, Fmi). Insomma, si ritornerebbe alla logica del , il solo che ha indotto il sistema politico italiano ad intraprendere un cammino virtuoso, dai parametri di Maastricht in poi.
Inoltre, la coerenza con gli impegni assunti verrebbe favorita da un’altra circostanza: sarebbe di Giorgio Napolitano la regia per formare, ad inizio legislatura, il nuovo esecutivo e per orientare il suo programma. Può sembrare singolare chiedere al Governo di stipulare convenzioni rigorose se, come si ostina ad affermare Vittorio Grilli, non ve ne fosse la necessità. Non è escluso, tuttavia, che si ponga l’esigenza della richiesta di un intervento della Bce con appresso le relative conseguenze (Monti stesso ha sostenuto che non sarebbe un dramma).
La questione di fondo, però, è un’altra: il prossimo Governo proseguirà nell’azione impostata dall’attuale esecutivo secondo le direttive europee (come è richiesto dal rafforzamento di una strategia comune, da un’ulteriore integrazione economica e politica) oppure andrà alla ricerca di , considerando l’attuale impostazione (come del resto la lettera della Bce del 5 agosto 2011) troppo liberista? Queste scelte alternative, non si faranno solo ad elezioni avvenute, ma anche durante la campagna elettorale nella indicazione dell’alleanze e nella elaborazione dei programmi e delle promesse su cui chiedere il voto.
E’ sempre più evidente che il Pd, ammesso che riesca a superare senza danni eccessivi le competizioni interne, sarà spinto a prendere le distanze dal Governo Monti e dalla sua linea di condotta, comprese le sue principali riforme. La sponsorizzazione acritica e demagogica (non tanto perché il problema non esista e debba trovare una soluzione compatibile con le risorse disponibili) della questione dei c.d. esodati è un modo ambiguo per rimettere in discussione la riforma delle pensioni. Quanto alla nuova disciplina del licenziamento individuale emergerà presto che gran parte della base del Pd si recherà ai tavoli in cui verranno raccolte le firme per il referendum abrogativo.
Governo e Pd, poi, saranno ben presto quando diventeranno esplicite le contraddizioni su altri due temi in calendario nelle prossime settimane: a) il negoziato sulla produttività indurrà il partito di Bersani (o gran parte di esso) a dare copertura politica alle posizioni ostili della Cgil; b) nuovi contrasti verranno dall’avvio delle c.d. start up ovvero delle imprese innovative nel Mezzogiorno a cui saranno destinati 3 miliardi di euro e che dovrebbero essere sostenute, per alcuni anni, non solo da condizioni fiscali e contributive agevolate, ma anche da regole derogatorie (anche rispetto alla legge Fornero) nei rapporti di lavoro (al cui consolidamento sarebbe molto utile l’uso di quanto disposto da quell’articolo 8 della manovra estiva del 2011, di cui la sinistra visionaria e reazionaria chiede l’abrogazione per via referendaria). Si tratta in ambedue i casi, per il Governo, di ulteriori occasioni di conflitto sulla frontiera di sinistra.
Come si vede, per il Pdl potrebbe aprirsi un campo molto ampio di iniziativa politica, se il partito fosse coerente con la sua appartenenza al Ppe. Del resto, , sognata da ampi settori del Pd, non esiste. Lo dimostra Hollande in Francia, già indicato come l’alfiere del nuovo corso. C’è forse qualcuno che ha notato una sua presa di distanza da Angela Merkel?
P.S. Ovviamente se la nuova linea del Pdl è quella annunciata dal Cavaliere sulla nave de Il Giornale, è evidente che io non sono d’accordo. Nel mio piccolo ne trarrò le conseguenze.

Fonte: Occidentale del 17 settembre 2012

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