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Il ministro Fornero guardi in periferia

Con l’intervista rilasciata ad Antonella Baccaro sul Corriere di domenica 2 settembre il ministro Elsa Fornero ha lanciato l’ipotesi di premiare con il taglio del cuneo fiscale le imprese che coinvolgono i lavoratori. La proposta, anche se non è stata accolta da scroscianti applausi sindacali, merita comunque di essere approfondita e vagliata. Il metodo che propongo non è quello di una discussione sulle analogie o gli scostamenti rispetto al modello tedesco bensì di partire dalle best practice . Se a livello centrale, infatti, le relazioni industriali languono, nei territori la contrattazione integrativa è assai vivace e in molte materie va ben oltre gli schemi nazionali disegnando un futuro «tedesco» che è già alla nostra portata.
Purtroppo gli accordi aziendali hanno una circolazione limitata e il dibattito sindacale resta così influenzato dalle vicende di Mirafiori o di Pomigliano (e del racconto che se ne fa nei talk show ) e non da quanto avviene in altre centinaia di stabilimenti, soprattutto in Lombardia e nel Nord Est. Non sto parlando solo di piccole e medie imprese, la contrattazione innovativa si svolge molto spesso dentro le multinazionali e riguarda in primo luogo la produttività che i sindacati accettano di negoziare in cambio dell’introduzione di istituti di welfare aziendale e di un percorso formativo più stringente. Nella stragrande maggioranza dei casi questi accordi sono sottoscritti unitariamente da Cgil, Cisl e Uil. In varie medie imprese lombarde, ad esempio, sono stati negoziati accordi anti-assenteismo con premi legati all’effettiva presenza sul posto di lavoro. Esistono inoltre premi di redditività collegati al raggiungimento dell’Ebitda e ai ricavi di vendita del gruppo. In un’azienda di Bergamo la Tesmec (300 dipendenti) è stato istituito un indice di professionalità collegato a incentivi individuali e a un percorso formativo.
Dicevamo delle multinazionali. Alla Heinz come alla Danone, alla Ferrero come all’Heineken le esperienze che si vanno facendo sono di scambio tra flessibilità e riconoscimento della professionalità. Si parte da una maggiore disponibilità a variare gli orari e poi si deroga al principio «un uomo=una mansione», i lavoratori diventano polivalenti, disponibili a cambiare mansione non una ma più volte. Le aziende recuperano produttività potendosi adeguare meglio all’imprevedibilità dei mercati e in cambio accettano di fidelizzare la manodopera, curarne l’iter professionale e garantire sbocchi in termine di qualifiche. Come si può vedere le soluzioni trovate nei territori sono molteplici e si sforzano in primo luogo di aderire ai problemi reali. Una discussione, come quella suggerita dal ministro Fornero, dovrebbe dotarsi della stessa capacità. Evitare estenuanti riunioni in cui governo e parti sociali si rimpallano le rispettive parole d’ordine e invece partire dal concreto. Da quello che si è fatto e che sicuramente può essere migliorato. Specie se trova conferma la disponibilità governativa a ridurre il cuneo fiscale.

Fonte: Corriere della Sera del 4 settembre 2012

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