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Il faro di Visco su riforme e test bancari

Il secondo e certamente in questo momento il più delicato riguarda quella assoluta necessità di porre mano alle riforme e alle macroiniziative che innalzino il potenziale di sviluppo italiano, per la quale la Banca d`Italia insiste da tempo con il governo e per il quale, tra l`altro al tavolo di confronto con le imprese e le banche era anche scaturita da parte del ministero dell`Economia la richiesta di un contributo di natura tecnica per elaborare il piano per la crescita dell`economia italiana.
Nel giorno in cui l`Europa usa esattamente lo stesso linguaggio, tornando a chiedere la nostro paese «ulteriori riforme strutturali che possano aumentare il suo potenziale di crescita» e definisce «urgente» e «importante» una «tempistica con- creta» sull`adozione delle nuove misure, risultano di estrema attualità i richiami rivolti dallo stesso Visco nel corso di ben due audizioni parlamentari avvenute in estate. Alla fine di luglio, come ha ricordato ieri Clair Jones nel suo blog sul portale internet del FT, Visco avvertiva che il persistere di un differenziale (spread) di rendimento tra titoli di stato italiani e Bund della Germania ogni incremento di Zoo punti base nello spread avrebbe comportato costi di rifinanziamento più alti, per 0,2 punti di Pil il primo anno e 0,4 punti e 0,5 punti nei due anni successivi. E sull`aritmetica del debitopubblico, che può schiacciare come un macigno la crescita, Visco era tornato anche nella seconda audizione: non ci possiamo permettere un differenziale coni bund tedeschi che torni in modo permanente oltre i 300 punti base – era tornato a spiegare a fine agosto – perchè, con uno stock del debito pubblico pari al 12o per cento del Pil (quello medio di Eurolandia è all`ottanta per cento) il costo aggiuntivo per le finanze pubbliche italiane di tre punti in più di oneri per interessi aggiuntivi sarebbe pari a qualcosa come 3,6 punti di Pil. «Con gli spread che si sono allargati a 398 punti base ieri – concludeva ieri la blogger di FT – la nomina di Visco non poteva arrivare in un momento migliore».
A fine agosto ma anche nelle riunioni che a metà settembre hanno visto intorno a un tavolo vari ministri e le associazioni da- toriali, Visco ha descritto con molta lucidità le cose che sarebbe opportuno realizzare per rendere credibile di fronte ai mercati l`obiettivo dell`azzeramento del deficit nel 2013. Non si tratta di cose semplici da mettere in atto, ma nemmeno di cose completamente fuori tiro: sono interventi che se opportunamente calibrati, possono assicurare uno sviluppo maggiore e anche una maggiore equità sóciale.
Venivano consigliata l`abolizione delle province, l`accorpamento degli enti che svolgono funzioni simili, la concentrazione della burocrazia sul territorio, l`adozione di costi standard nella sanità: tutte misure che possono permettere una razionalizzazione seria della spesa pubblica, se si mette in pratica concretamente quella spending review di cui aveva parlato per primo Tommaso Padoa- Schioppa.
Un prosciugamento della spesa pubblica inefficiente e un`azione di profondità per lasciare più spazio alla concorrenza possono certamente aiutare a ritrovare il sentiero dello sviluppo.
La situazione attuale, con la crescita economica ferma e i rischi che si profilano per il futuro, richiedono, aveva sottolineato l`allora vicedirettore di Bankitalia, una risposta «pronta e decisa: nel perseguimento del bilancio, con interventi strutturali e nella creazione di condizioni favorevoli alla crescita economica».
Ma ci sono anche altre cose che si possono realizzare per rilanciare una da troppo tempo in caduta: Visco ha fatto chiaramente intendere che è possibile un`azione sulle entrate che permetta di alleggerire il carico fiscale gravante sul costo del lavoro. Infatti, ha ricordato, utilizzando alcune simulazioni realizzate in Banca d`Italia, se si riducesse il cuneo fiscale sul costo del lavoro finanziandolo ad esempio con misure di tassazione sugli immobili («tra i paesi europei è relativamente bassa») si otterrebbe un incremento di crescita pari a uno 0,3 -0,4% punti di pil l`anno. Non sarà molto, ma con una crescita economica che tende a zero non è una misura da buttar via. Al momento, tra l`altro,,ciò che si profila è un forte aumento del peso delle entrate sul prodotto:
la pressione fiscale tende a salire fino a un massimo del 44,5 per cento nel 2014 e il livello potrebbe essere ancora più elevato se gli enti decentrati compensassero, anche solo in parte, al riduzione dei trasferimenti statali con un aumento dell`imposizione a livello locale. Nel menù al quale Visco aveva fatto riferimento c`era anche il completamento della riforma delle pensioni, magari attraverso un graduale aumento delle quote per l`accesso alla pensione di anzianità.
E c`era anche l`ipotesi di una razionalizzazione della spesa sanitaria che consentisse di destinare una parte delle risorse recuperate al sostegno dell`occupazione giovanile e femminile.

Fonte: Sole 24 Ore del 22 ottobre 2011

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