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Il disagio c’e’, chi lo sfrutta pure

Si apre il terzo giorno della protesta dei Forconi e il prefetto di Torino ha ottenuto rinforzi per contrastare manifestazioni – parole sue – «uniche nel loro genere perché basate su azioni sporadiche e presidii improvvisi in diversi punti». Una città storicamente abituata a convivere con forme radicali di conflitto ieri è parsa alla mercé di manifestanti che potevano interrompere a loro piacimento qualsiasi servizio pubblico e intimidire i commercianti. Il tutto in un vuoto pneumatico, nel quale assenti la politica e le forze sociali, troppo lento nell’agire il ministro dell’Interno, il peso del confronto – persino psicologico – è stato caricato sui poliziotti. Nessuno sottovaluta ampiezza e profondità del malessere che attraversa la società e che mette in difficoltà le frange più deboli del lavoro autonomo, come i camionisti con un solo Tir o gli ambulanti, ma si ha l’impressione che le loro rivendicazioni servano come foglia di fico ai veri capi della rivolta. Sul campo è nato con il logo dei Forconi un attore sociale e politico trasversale, il cui retroterra non è chiaro e che ha aggregato di tutto, persino gli ultrà del calcio.
Un mondo politico costantemente alla ricerca di un copione da recitare non aspettava altro che strumentalizzare la protesta. Beppe Grillo ha intravisto nella mobilitazione dei Forconi la possibilità di intestarsi «il disagio sociale» per saldarlo alla collaudata retorica anti-politica. Ne è scaturito un incredibile invito alla polizia a farsi da parte, a non difendere più uomini/luoghi delle istituzioni. È la democrazia a 5 Stelle che prevede che l’avversario, se giornalista, debba essere messo alla gogna e se, politico, lasciato in balia della collera dei Forconi. Anche Silvio Berlusconi non ha resistito alla tentazione di far sentire la sua voce intimando al governo di convocare subito gli autotrasportatori ribelli, che lui comunque vedrà già oggi in parallelo al discorso che il premier Enrico Letta terrà in Parlamento. La vecchia tattica del Pci di contrapporre simbolicamente Paese legale e Paese reale deve aver conquistato il Cavaliere nella nuova modalità di politico extraparlamentare.
Blocchi stradali à la carte e proclami populisti lascerebbero il tempo che trovano se non fosse il contesto a renderli pericolosi. La sensazione di vuoto avvertita a Torino rappresenta una metafora della nostra attuale condizione. Siamo «tra color che son sospesi», chiediamo immediate e incisive riforme della politica e la Corte costituzionale ha messo in scacco chi dovrebbe votarle. Vediamo che altri Paesi stanno uscendo dalla recessione e noi dobbiamo accontentarci che il Pil non viaggi più in negativo. Forse è troppo facile indirizzare tutto ciò verso Palazzo Chigi, ma è la coincidenza temporale a imporlo. Letta è atteso a Montecitorio per un passaggio politico che si presenta delicato. Non prometta la luna, come fece nel discorso di insediamento, affronti i nodi che gli si sono parati davanti e dia le risposte che l’opinione pubblica attende. Riempia il vuoto e avrà dato un contributo anche all’isolamento dei Forconi.

Fonte: Corriere della Sera 11 dicembre 2013

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