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“Il bersaglio non è il mercato, ma una politica corrotta”

Il punto non è lo scontro tra destra e sinistra: questo serve solo a indebolire la protesta.
«Questa non è la guerra ideologica di gente che odia il capitalismo in quanto tale. A Zuccotti Park non sta risorgendo il marxismo, come sostiene la propaganda di destra. E credo che questo valga anche per l’ Europa. Lo scontro destra-sinistra serve solo a indebolire la protesta. E non è il punto vero, almeno da noi: la gente con cui ho parlato ha idee diverse, ma il sentimento comune è l’ indignazione per la corruzione che regna a Washington. La politica americana – tutta la politica – è stata presa in ostaggio e «dirottata» per decenni dai miliardi delle lobby. Un potere irresistibile che ha imposto la demolizione del sistema delle regole. Questa – in America ma credo anche negli altri Paesi scossi dalle proteste – non è una battaglia contro il mercato o il capitale. Il bersaglio è la caricatura di capitalismo che ci hanno lasciato gli eccessi di una deregulation scriteriata lunga quasi trent’ anni». Lawrence Lessig – il giurista di Harvard celebre per le sue idee sul superamento del copyright nell’ era delle tecnologie digitali, teorico di una nuova cultura del «remix» basata sull’ assemblaggio creativo di contenuti altri – da qualche tempo alterna l’ insegnamento a Boston a incursioni nelle piazze della protesta di «Occupy Wall Street». Da Harvard, l’ università più aristocratica e ricca d’ America, all’ assalto contro i banchieri di Manhattan. Nessun imbarazzo ad arringare i giovani nei sacchi a pelo, lei che è abituato alle «lectio magistralis» come quella che ha tenuto davanti alla Camera dei Deputati italiana? «Da giurista cerco di aiutarli a dare un indirizzo alla loro indignazione. Wall Street viene attaccata non in quanto luogo del demonio: è il principale canale di questa corruzione della politica. Non parlo di mazzette, ma di alterazione dei meccanismi della vita democratica. È da qui che parte il grosso del denaro che ha fatto cambiare rotta alla politica americana. Un vero tarlo dei meccanismi di rappresentanza. Perché la cosa più spaventosa che è avvenuta non è il crollo finanziario del 2008 che ha portato recessione e disoccupazione. La cosa davvero terrificante è che, una volta compreso che quel disastro era stato provocato dalla demolizione delle regole e dei meccanismi di controllo che qualunque sistema economico si deve dare, Congresso e Casa Bianca non sono riusciti a varare riforme efficaci capaci di metterci al riparo da un’ altra catastrofe». Obama cerca di sfruttare a suo vantaggio la protesta. Ad esempio per avere più forza nel confronto coi repubblicani sull’ aumento delle tasse sui ricchi. Per lei, invece, è un imputato anche lui. «Il presidente è stato rinunciatario. Pressato, ha abbandonato parti essenziali del programma perdendo autorità morale davanti ai suoi elettori. Guardiamo alla finanza. Cito un dato statistico: nel 1980 quasi il 100% degli strumenti finanziari era soggetto a qualche tipo di regolamentazione. Nel 2008, l’ anno del crollo, il 90% di questi strumenti era gestito al di fuori di qualunque regola o controllo. La riforma varata dal Congresso nell’ era Obama serve a poco. Qualunque esperto di finanza onesto ammette che i rischi di un altro cataclisma non sono calati». I ragazzi di «Occupy Wall Street», però, non chiedono riforme. Non hanno un vero programma, ma i loro slogan invocano l’ arresto dei banchieri e la moltiplicazione delle tasse sui ricchi. «L’ indignazione contro i banchieri è sacrosanta, ma non perché siano dei nemici del popolo. Perché è scandaloso che, dopo tutto quello che è successo, il flusso di bonus milionari sia ripreso come prima. È un problema di regole e per cambiare le regole serve un consenso ampio. Servono compromessi. La mia ultima visita a Zuccotti Park, da questo punto di vista, non è stata incoraggiante. Chi è lì pensa di aver già concesso fin troppo. Esasperazione comprensibile sul piano economico. Ma oggi il primo problema è quello di salvare la democrazia, modificare meccanismi che non funzionano più». Con la critica al copyright lei ha dato un contributo importante alla cultura digitale del «crowdsourcing». Perché ora batte una strada diversa? «Basta contrapposizioni ideologiche destra-sinistra. Qui c’ è un’ emergenza istituzionale: solo il 12% degli americani si fida del Congresso che elegge. Abbiamo un Parlamento i cui membri dedicano da 30 al 70% del loro tempo a raccogliere fondi per finanziare continue campagne elettorali. Se non cambiamo sistema, siamo perduti».

Fonte: Corriere della Sera del 16 ottobre 2011

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