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Il banchiere-economista con la passione per il greco

Il riequilibrio dei conti deve associarsi a una politica volta alla crescita.Va recuperata competitività e creato un ambiente più favorevole a impresa e lavoro. Allievo di Caffè, dall’ Ocse alle missioni come sherpa.La tappa a Parigi.Gli studi con il Nobel Klein. Il trasferimento a Parigi durante il periodo di Fazio.Al G20. Napoletano, tre figlie. L’ ingresso nel direttorio di Via Nazionale nel 2007. Le riunioni del G20.
Il prossimo 21 novembre Ignazio Visco, napoletano, sposato e padre di tre figlie, festeggerà il suo sessantaduesimo compleanno da governatore della Banca d’ Italia. Il decimo dal 1928 quando la carica è stata istituita ed il secondo a scadenza, sei anni rinnovabili una sola volta, dopo Mario Draghi. Il precedente di un vicedirettore generale che brucia in volata per l’ incarico al vertice il direttore generale è di Antonio Fazio che prevalse, sempre per effetto di veti incrociati, su Lamberto Dini. Un paragone che non deve far certo immaginare destini simili. Visco non assomiglia certo a quel suo predecessore. Che anzi lo aveva emarginato dalla Banca. È di tutt’ altra pasta e a dirla tutta non assomiglia a nessuno dei suoi colleghi del Direttorio. Neanche al governatore uscente della Banca d’ Italia col quale pure ha condiviso il maestro Federico Caffè, relatore della tesi di laurea di entrambi, attorno al quale si è formata un’ intera classe di economisti. A chiederlo, la maggioranza di chi lo conosce afferma che il prossimo governatore non ha un bel carattere, è chiuso, schivo non dà facilmente confidenza. A correggere i modi bruschi, e la sua estrema riservatezza, è la sua vena napoletana che gli consente la battuta e l’ ironia. È nato nella città partenopea, ma gli studi e il lavoro lo hanno portato nella capitale, anche se la sua carriera l’ ha fatta in gran parte all’ estero. Scuole medie e studi classici al Tasso, boyscout nel tempo libero. Tra i suoi compagni di classe, nella sezione B del liceo romano di via Sicilia, l’ unica in cui si studiava il tedesco, figuravano Pier Ugo Foscolo, ora preside della Facoltà di ingegneria a L’ Aquila, Virginia Volterra, nipote del grande matematico Vito, e il giornalista Paolo Mieli, rimasti tutti amici anche dopo. Era una classe un po’ speciale, di bravissimi, quella dove si viaggiava su voti altissimi senza essere “secchioni” tanto da meritare la menzione sul giornale e Visco in quegli anni, viene descritto come simpatico, bravissimo in greco nonché grande conoscitore della cultura classica. All’ Università, dopo la maturità presa nel ‘ 67, però la scelta cadde su Economia e Commercio, alla Sapienza, dove si laurea ovviamente col massimo dei voti, discutendo un testo su “Verifica della tesi dell’ incorporamento dei prezzi nel tasso di interesse». Entra subito in Banca d’ Italia ma vi resta poco perché, grazie alle borse di studio messe a disposizione dall’ Istituto, compie un periodo di perfezionamento presso la University of Pennsylvania, a Philadelphia, e poi all’ Economic Research Unit del Dipartimento di Economia, dove nel ‘ 74 consegue un master of Art e un PhD in Economic nel 1981, discutendo la tesi «The Measurement, Analysis and Formation of Inflation Expectations», con i professori Albert Ando, scomparso da qualche anno, e il Nobel per l’ economia Lawrence Klein, col quale ha mantenuto saldi rapporti nel corso degli anni e che va a ancora trovare a Filadelfia appena può. Intanto in Italia era entrato nell’ Ufficio studi della Banca diventandone il responsabile del 1990 con una decisione del governatore di allora Carlo Azeglio Ciampi su suggerimento di Tommaso Padoa-Schioppa. Visco coordina il gruppo di lavoro per la costruzione del Modello trimestrale dell’ Economia italiana ma quando al vertice di Palazzo Koch arriva Antonio Fazio i rapporti si incrinano tanto che il futuro governatore si trasferisce a Parigi, in aspettativa per la Banca, per assumere l’ incarico di capo economista dell’ Ocse. Al ritorno a Roma, dimagrito perché confessa agli amici di non amare la cucina francese, non ritrova però una posizione adeguata al suo standing di economista anche perché i rapporti con Fazio non sono nel frattempo migliorati. Deve aspettare più di due ani per entrare nel novero dei funzionari generali ma è solo con l’ arrivo a Palazzo Koch di Mario Draghi che la sua attività in Banca d’ Italia decolla. Il 9 gennaio 2007 viene infatti nominato nel Direttorio dove già siede il direttore generale Fabrizio Saccomanni, assieme a Giovanni Carosio. Anna Maria Tarantola si aggiungerà due anni dopo in sostituzione di Antonio Finocchario. Visco diventa così lo sherpa, cioè il vice, di Draghi nel G20, il personaggio che tratta con i rappresentanti delle banche centrali e dei governi degli altri paesi per mettere a punto le decisioni finali sui principali dossier internazionali. Ma è anche componente del Comitato economico e finanziario della Ue. Nei suoi interventi pubblici privilegia soprattutto i temi sociali e dell’ istruzione. Ed è lui che il 30 agosto introduce nel dibattito politico, a nome della Banca d’ Italia, il tema della patrimoniale. Intervenendo davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, spiega che gli immobili in Italia sono tassati poco. «Capisco che è un argomento di tensione e di grande rilevanza, ma va osservato che tra i principali paesi europei, l’ Italia è caratterizzata da un’ imposizione sulla proprietà immobiliare piuttosto bassa», dice. Ma un altro suo pallino è l’ istruzione, l’ importanza della conoscenza, che ripete in più occasioni. «Al di là degli effetti, pesanti, della crisi finanziaria in corso, è da molti anni che il reddito degli italiani non cresce più. Tra le ragioni ve ne sono di antiche e di relativamente nuove». Per far ripartire l’ economia, «certo, è ancora necessario rimuovere i vincoli antichi, far funzionare meglio il mercato, favorire la crescita delle imprese. Ma occorre soprattutto prendere atto dei grandi fenomeni evolutivi che ci hanno trovato relativamente impreparati», fra i quali «la globalizzazione, la rivoluzione delle tecnologie dell’ informazione e delle comunicazioni». E poi «la valorizzazione del merito può accrescere il benessere individuale e collettivo». Qui, però, conclude il prossimo governatore, «l’ Italia è, anche nel confronto internazionale, fortemente in ritardo».

Fonte: Corriere della Sera del 21 ottobre 2011

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