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I tre avvisi di Draghi ai big del credito

Il summit «Crescita ancora limitata, il sistema ha dimostrato grande solidità durante l’ acuta crisi finanziaria internazionale».
Il governatore: prudenza sui dividendi, attenti alla raccolta e ai costi
Di positivo c’ è «qualche segnale di ripresa» della domanda di credito. Per il resto lo scenario emerso dal periodico incontro tra le grandi banche e il Direttorio della Banca d’ Italia, guidato dal governatore Mario Draghi, è tutt’ altro che favorevole. Come se il sistema del credito italiano, «che ha dimostrato grande solidità durante l’ acuta crisi finanziaria internazionale», scontasse ora «le conseguenze ritardate» della recessione del 2009. Che significano bassa redditività ma soprattutto difficoltà nella raccolta di fondi sui mercati internazionali e gestione della liquidità. Innanzitutto il quadro congiunturale, di «modesta ripresa, ancora differenziata per settori e imprese» e di crescita dell’ economia «ancora limitata» rispetto agli altri paesi europei. In questa cornice la discussione tra gli amministratori delle banche (Corrado Passera per Intesa Sanpaolo, Federico Ghizzoni per Unicredit, Antonio Vigni per Mps, Alberto Nagel per Mediobanca, Victor Massiah per Ubi banca, Pierfrancesco Saviotti per Banco Popolare, Giuseppe Mussari e Giovanni Sabatini per Abi) ed il vertice di Bankitalia si è concentrata sull’ impatto delle persistenti tensioni dei mercati finanziari provocate dalla paura sui debiti sovrani. Così i big del credito hanno esposto il problema del rinnovo dei bond in scadenza (titoli per circa 240 miliardi) che costa molto, più del previsto ed anche quello di individuare nuovi strumenti di raccolta che accolgano il consenso dei mercati. Si tratta di una situazione che rischia di non essere temporanea, ha però avvertito Draghi perché «gli investitori istituzionali globali sono restii a sottoscrivere titoli dell’ area dell’ euro» e perché «l’ emergere di forti differenziali di tasso tra paese e paese all’ interno della stessa Europa rendono particolarmente onerosa la raccolta di fondi sui mercati da parte delle banche italiane». Se poi si aggiunge che in presenza di una domanda di credito «appena positiva», i margini di guadagno degli istituti «sono molto compressi», nasce per le aziende l’ esigenza di «intensificare i piani per aumentare efficienza e ridurre i costi» e di attuare «nuove strategie». Tanto più che resta l’ obiettivo di rafforzare il capitale, così come vuole l’ accordo di Basilea3. Occorre «puntare in alto sin da subito» per evitare che il ritardo possa causare una penalizzazione del mercato, ha avvertito Draghi sollecitando anche «una politica prudente» degli utili. Va messo in cassa il più possibile, insomma, perché «è indispensabile che le banche continuino ad assicurare la propria capacità di resistere a eventuali shock macroeconomici, misurati con stress test severi».

Fonte: Corriere della Sera 11 febbraio 2011

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