• venerdì , 27 Dicembre 2024

I tedeschi nella trappola

Invece di prendersela con i tedeschi, bisognerebbe paradossalmente – compatirli. I mercati finanziari li stanno attirando in una trappola. Più insistono che non saranno loro a pagare il conto per i Paesi deboli dell’euro, e più rischiano di andarsi a cacciare in una situazione in cui saranno costretti ad aprire il portafoglio sul serio.
Ovvero, se si seguita ad affermare alla leggera che l’area euro sarebbe bene ridimensionarla, i mercati continueranno a scommettere che si spacchi, divaricando ancor più i tassi di interesse tra Nord (compresi Francia e Belgio) e Sud. Ma alla resa dei conti l’alternativa sarebbe tra due scelte entrambe costosissime per la Germania: soccorrere massicciamente Spagna e Italia, oppure affrontare una rottura traumatica dell’euro.
La Repubblica federale tra aiuti già erogati ai tre Paesi sotto assistenza e aiuti promessi a Madrid già contribuisce con un centinaio di miliardi di euro. E’ facile compiacere i tedeschi dicendogli che hanno fatto fin troppo. Meno facile è spiegargli che questi soldi li prestano, raccogliendoli sui mercati a un tasso assai inferiore, quando non addirittura sotto zero.
I mercati ingannano. Stanno gonfiando una bolla speculativa sui titoli di Stato non solo dei Paesi forti dell’euro, anche di altri Paesi economicamente legati alla Germania. Secondo stime aggiornate, nella prima metà del 2012 lo Stato tedesco ha risparmiato un miliardo di euro rispetto a quanto prevedeva come pagamento di interessi sul debito.
L’afflusso ansioso di capitali verso i Paesi reputati sicuri li spinge a sottovalutare la gravità della crisi. La Finlandia – dove Mario Monti si recherà tra una settimana – può cinicamente avere qualche buon motivo, dato che secondo alcune analisi sopporterebbe abbastanza bene una rottura dell’unione monetaria. La Germania no, è creditrice dei Paesi deboli sotto varie forme, per almeno mille miliardi di euro. Nella migliore delle ipotesi quei soldi li riavrebbe indietro molto svalutati.
Il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble queste cose le sa benissimo, tanto che ha fatto calcolare ai suoi uffici i costi di una rottura dell’euro; altri suoi compatrioti non riescono a capirle. Per questo è urgente, come sosteneva ieri Giuliano Amato, verificare se il governo di Berlino è sincero quando propone passi avanti verso l’integrazione politica dell’Europa come passaggio per ottenere una maggiore solidarietà; o se lo afferma a vuoto, sapendo che Parigi resta contraria. L’intervista di Schaeuble apparsa sabato sul Figaro fa sperare, ma occorre una risposta francese.
Se è vero quanto sostengono il Fondo monetario e la Banca d’Italia, che solo una parte dello spread italiano e di quello spagnolo è giustificato dallo stato dei due Paesi – mentre dal lato opposto è assurdo che i titoli dei Paesi forti fruttino meno di zero – questo comporta che è già in atto in Europa quel «trasferimento di risorse» tanto temuto da certi tedeschi. E’ già in atto, però alla rovescia: grazie ai mercati finanziari, da Italia e Spagna verso Germania, Olanda e Finlandia.
Proprio per questo motivo, al nostro Paese conviene una maggiore integrazione politica dell’Europa. Stiamo pagando un tributo non deciso da nessuno; decidere tutti insieme a Bruxelles non sarebbe certo un danno. Potremmo «vedere le carte» offrendo per primi di rinunciare a una parte della nostra sovranità di bilancio. Mentre, al fondo, la lezione da apprendere per i politici tedeschi e italiani è la stessa: proporre soluzioni illusorie – lì la cacciata dei Paesi del Sud, qui un’uscita magari «temporanea» dall’euro – rischia di avverarle in forma di disastro.

Fonte: La Stampa del 23 luglio 2012

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