• venerdì , 14 Marzo 2025

I segnali da Conti e crescita

di Carlo Cottarelli

I dati pubblicati ieri dall’Istat contengono conferme e sorprese. Le conferme riguardano la nostra crescita economica, che resta bassa. Le sorprese riguardano i nostri conti pubblici, che vanno meglio del previsto.

Partiamo dalla crescita del Pil reale. Nel 2024 è stata dello 0,7% (0,5 al netto del maggior numero di giorni lavorativi). Non è un grande risultato: l’obiettivo originariamente fissato dal governo era dell’1,2%. Abbiamo fatto poco più della metà del previsto. Sul lato della domanda, i consumi delle famiglie sono stati la componente meno dinamica. Sul lato della produzione, il settore manifatturiero si è di nuovo contratto, come nel 2023.

I dati trimestrali del Pil, pubblicati qualche settimana fa, ci dicono che siamo entrati nel 2025 con un’economia ferma: crescita zero nel secondo semestre del 2024 (l’Eurozona ha fatto lo 0,5%). Impossibile a questo punto che quest’anno si possa arrivare all’1,2% previsto dal governo (penso sarà meno della metà).

In questa situazione di incertezza geopolitica, è difficile sperare in un traino dall’estero. Vedremo se potrà venire un sostegno dall’aumento della spesa per la difesa (in deroga ai tetti fissati dal Patto di Stabilità, come intende proporre Ursula von der Leyen), tenendo conto che parte di questa potrebbe beneficiare gli Stati Uniti. In questa situazione, speriamo che la BCE continui il percorso di riduzione dei tassi di interesse già con l’incontro del Governing Council di questa settimana.

Le sorprese positive riguardano i conti pubblici. La legge di bilancio per il 2024 prevedeva un deficit del 4,3% del Pil. Abbiamo chiuso al 3,4%, quasi un punto in meno. Come è successo? Da un governo di centro-destra ci si sarebbe aspettati un taglio della spesa. Invece, il miglioramento dei conti rispetto agli obiettivi è venuto solo da maggiori entrate. Nel corso del 2024, i dati sulle entrate hanno continuato a superare le aspettative e, alla fine, la pressione fiscale ha chiuso al 42,6%, il valore più alto dal 2015 (escluso il 2020, anno particolare per il crollo del Pil, causa Covid).

Peraltro, il governo ha deciso di risparmiare gran parte del tesoretto che si veniva creando, cosa non comune per nostro Paese: il tesoretto finanziario è stato convertito in un tesoretto di
credibilità che ha facilitato il calo dello spread sui livelli più bassi degli ultimi 10 anni.

Tutto bene dunque? Forse no. Non è infatti chiaro cosa abbia causato l’aumento delle entrate e, quindi, quanto permanente esso sia. I documenti governativi dicono che le entrate sono andate bene per il buon andamento dell’occupazione, ma alla fine la base imponibile dipende dall’andamento del Pil nominale (cioè in euro) nel suo complesso, non dall’occupazione.

E il tasso di crescita del Pil nominale è stato più basso del previsto, per la minore dinamica sia dei volumi di produzione, sia dei prezzi. Due fattori possono allora aver contribuito alle maggiori entrate. Il primo è il buon lavoro fatto dall’Agenzia delle Entrate nel recuperare debiti fiscali non pagati (nel 2024 si è raggiunto un record) e nel ridurre ab origine l’evasione. Qui però occorrerà vedere se la buona performance continuerà anche dopo la partenza dall’Agenzia di Ernesto Ruffini, che ha lasciato l’incarico di Direttore a fine dicembre. Il secondo fattore riguarda il recupero dei salari rispetto ai profitti che si è verificato nel 2023-24, dopo il taglio del 2021-22 dovuto all’inflazione.

Un tale recupero potrebbe causare un aumento delle entrate perché sui salari le imposte sono pagate immediatamente (via ritenuta alla fonte), mentre un calo dei profitti causa una perdita di entrate in parte ritardata. Se così fosse, però, il miglioramento delle entrate potrebbe essere temporaneo. Sia come sia, sarebbe auspicabile che il governo chiarisse le cause della bonanza fiscale e che, comunque, si mantenesse prudente nella gestione dei conti pubblici anche nel 2025.

Non possiamo dimenticare infatti le pressioni arrivate per un aumento della spesa per la difesa che temo saremo obbligati ad aumentare significativamente. Questi aumenti potranno anche essere esclusi dai vincoli europei di finanza pubblica, ma aumenteranno comunque il nostro debito. E di quello continuiamo ad averne troppo.

(Corriere 04 marzo 2025)

Fonte: Corriere 04 marzo 2025

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