Codice permissivo.Il vecchio regolamento, riformato solo di recente, ammetteva le relazioni fra capi e sottoposti
“Dilettanti!» penserà chi lavora in uffici italiani «bollenti», leggendo di economisti dall’ aspetto austero che in un grande palazzone-bunker di Washington cercano di sedurre – con incontri ravvicinati o, più spesso, via email – le funzionarie del Fondo Monetario Internazionale. Dai corridoi della Rai di Viale Mazzini agli uffici di tante piccole imprese, il capo che approfitta della sua posizione nel rapporto con le sottoposte (o che viene sedotto) è entrato da decenni dell’ immaginario collettivo. Ma l’ America traumatizzata dal caso Strauss-Kahn che legge con fastidio dei molti scandali sessuali negli organismi internazionali basati negli Stati Uniti – il Fondo Monetario, la Banca Mondiale, le stesse Nazioni Unite – è un Paese diverso: più puritano, certo, ma anche abituato a un maggior rispetto della donna e a tutelare con norme antidiscriminazione chi, sul lavoro, è più vulnerabile per età, sesso o per la sua etnia. In questi giorni le inchieste della stampa statunitense si susseguono: tornano le storie di Paul Wolfowitz costretto a dimettersi dalla presidenza della Banca Mondiale – organismo «gemello» del Fondo Monetario – non per molestie, ma comunque per un abuso di potere relativo alla sua sfera privata: favoritismo nei confronti della sua compagna Shaha Riza, che nella Banca dipendeva da lui. O quella dell’ ex premier olandese Lubbers che dovette lasciare l’ Onu dopo essere stato accusato di aver abusato della sua posizione di Alto commissario per i Rifugiati nel rapporto con una dipendente. Ma è il Fondo Monetario a far discutere di più e non solo perché il suo capo è stato arrestato con l’ accusa di stupro. Ad esempio è già «deragliata» la candidatura alla successione di Strauss-Kahn avanzata da Kemal Dervis: ex ministro delle Finanze turco ed ex direttore del Dipartimento per lo sviluppo economico dell’ Onu, Dervis è uno dei pretendenti più titolati. Ma pesa su di lui l’ ombra di una relazione con una sua dipendente avviata quando era un dirigente della Banca Mondiale. Oggi quella donna lavora proprio al Fondo Monetario. Un organismo nel quale sarebbero molti i dirigenti che hanno cercato l’ avventura sessuale con eccessiva insistenza. Inchieste e dibattiti televisivi di questi giorni possono anche contenere un processo alle intenzioni, riflettere un’ eccessiva diffidenza degli americani verso organismi internazionali che considerano un corpo estraneo e sostanzialmente «anarchico». Fastidio per i diversi usi e costumi, ma soprattutto per i privilegi diplomatici e le esenzioni di cui godono i dipendenti di queste organizzazioni: stipendi esentasse, multe non pagate, controversie condominiali nelle quali viene invocata l’ immunità diplomatica. Ma non può essere ridotto tutto a irritazione per le «scorribande» di burocrati arrivati da altri Paesi. La severità che si vorrebbe dalle organizzazioni internazionali, gli americani la applicano anche in casa: basti pensare all’ amministratore delegato della Boeing, Harry Stonecipher, costretto, anni fa, a dimettersi dopo che era stata scoperta una sua relazione sessuale (consensuale) con la responsabile dell’ ufficio di Washington della compagnia aeronautica. L’ Fmi è stato sempre un organismo vulnerabile agli scandali: oltre alla sua natura di «enclave» diplomatica nella quale non si applicano le leggi americane, ha avuto, fino a pochi giorni fa, un regolamento interno nel quale si afferma esplicitamente di non considerare di per sé sospetto un rapporto sessuale tra un capo e un suo sottoposto. Una norma che, come ha scritto ieri il New York Times, ha spinto funzionari ed analisti abituati a passare le giornate chini sui modelli econometrici, a tirare fuori una seconda natura da «pirati dei Caraibi». Un turbine di amori ma anche di controversie favorito dal fatto che i 2.400 dipendenti del Fondo provengono dai Paesi più remoti: con tutto il fascino dell’ incrocio di mondi e culture diverse, ma anche con abitudini sociali, costumi, convenzioni, vincoli religiosi assai difficili da conciliare. «Il fatto che fin qui non siano avvenuti scandali gravi è una circostanza frutto della fortuna, più che delle regole e dei controlli esercitati», scrissero nel 2008 gli esperti esterni incaricati dal Fondo Monetario di riesaminare le procedure etiche dopo il primo, controverso, caso di cui fu protagonista lo stesso Strauss-Kahn poco dopo il suo arrivo a Washington: una relazione, consenziente ma tormentata, con l’ economista ungherese Piroska Nagy, responsabile di un «desk» africano del Fmi. Assiduamente corteggiata dal suo capo, la cinquantenne Piroska alla fine ebbe un rapporto sessuale con Strauss-Kahn durante il Forum Economico di Davos, in Svizzera. Costretto a scusarsi pubblicamente, Strauss-Kahn fu assolto dagli investigatori del Fondo. Il cui vecchio regolamento «permissivo» è stato sostituito con norme più stringenti solo il 6 maggio scorso. E la notizia, curiosamente, è stata data solo dopo l’ esplosione del nuovo scandalo. Piroska, nel frattempo, se n’ è andata a lavorare a Londra, in un’ altra banca. Agli inquirenti ha lasciato una testimonianza che ha fatto riflettere molti: Strauss-Kahn non mi ha violentata ma mi ha costretto a scegliere tra due opzioni, ambedue per me dannose.
I dirigenti del Fmi?Come i pirati dei Caraibi. Gli amori corsari nel club dell’economia globale
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