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I 35 anni della Sanita’ mostrano le rughe

IN VERITÀ 35 anni malportati quelli del Servizio sanitario nazionale, forse la più valida e importante riforma strutturale nata durante la stagione del primo centrosinistra. Una riforma destinata ad assicurare su base egualitaria cure e ricoveri gratuiti a tutti i cittadini italiani. Non fu una grande illusione ma un arduo e difficile impegno che vide i cittadini, gli enti locali, soprattutto le regioni, i comuni, il volontariato, i partiti, molti ministri che legarono il loro nome a modifiche, che a volta furono migliorative, in altri casi apportatori di risultati discutibili. Resta il fatto che il servizio sanitario italiano è risultato nelle classifiche il secondo al mondo. I grandi partiti se ne sono occupati e vi hanno lasciato la loro impronta, non sempre benefica. Col passar degli anni una serie di difetti si son fatti sentire. In primo luogo la corruzione infiltratasi in quasi tutti i servizi. In secondo luogo la partitocrazia che ha impedito il prevalere della meritocrazia per lasciare il passo a personale di diretta o indiretta designazione politica. Non è un caso che i maggiori scandali sono scoppiati nella sanità, senza che le cause che li hanno prodotti fossero rimosse. Non bisogna però credere che queste pecche abbiano devastato il Sistema che resta ancora caratterizzato da molti centri di eccellenza e dall’ ottimo funzionamento in alcune regioni. Al momento attuale la deriva più critica è quella che discende dalla crisi e dal taglio delle risorse che rende molti settori profondamente carenti. Ne abbiamo parlato più volte, per cui ricordiamo solo qualche esempio. Le attese al pronto soccorso si prolungano per 4-5 giorni in media, con soste rimediate poiché centinaia di letti sono stati tagliati in modo lineare lasciando sguarniti numerosi reparti di degenza. Solo il 10% del personale che è stato dimissionato è stato reintegrato. I tagli non sono stati quasi mai operati in modo razionale: si sono salvati ospedaletti fatiscenti e case di cura private convenzionate di bassa qualità solo per ragioni clientelarie non siè procedutoa quella installazione di una rete sanitaria sul territorio che ammodernasse tutte le strutture, impedendo che i pazienti seguitassero a riempire i reparti ospedalieri ordinari e soprattutto i pronti soccorsi. Le spese sono travalicate sui privati. Nell’ ultimo anno 4,7 milioni di famiglie hanno rimandato visite specialistiche; 2,9 milioni di famiglie hanno rinunciato ad esami di laboratorio a causa della lievitazione del ticket; 9 milioni di persone rinunciano alle cure soprattutto fra le donne, gli anziani, le famiglie povere del mezzogiorno per difficoltà economiche. Una situazione che vanifica uno dei pilastri della riforma che faceva capo a un sostegno eguale per tutti, sovvenzionato dalla fiscalità generalee dalla solidarietà. Oggi lo è sempre meno. La spesa dei singoli erode l’ eguaglianza e si va sempre più verso una sanità per ricchi e una per poveri. Diritto alla salute e principi costituzionali sono calpestati senza alcuna preoccupazione. Nel 35° anniversario della Riforma si sono riuniti davanti al San Camillo di Roma centinaia di persone provenienti anche da altri nosocomi. Alcune associazioni del volontariato hanno chiesto un rilancio della legge 833 che consolidi il compito di tutelare la salute come fondamentale diritto del cittadino, assicurando l’ eguaglianza di tutti di fronte al Servizio. Ebbene con sorpresa il nuovo segretario del partito nel suo bel discorso d’ insediamento ha posto al centro delle future azioni la cultura e la scuola mentre ha totalmente ignorato i bisogni e le condizioni della Salute e del Servizio sanitario nazionale. Ebbene il Renzi delle nostre speranze recuperi questa assurda rimozione, sappia mettersi all’ ascolto di questa particolare specie di “rottamati”, all’ ascolto dei paria della società che si accalcano nelle corsie, i poveri, gli anziani, i malati privi di cure, i rifugiati del pronto soccorso, i non autosufficienti dimenticati. È questo il banco di prova del nuovo riformismo, se esiste davvero, e non la gara a chi taglia di più.

Fonte: Repubblica del 16 dicembre 2013

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