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Hollande, eccezionale veramente

I ministri del Commercio Ue alle prese col mandato negoziale con cui la Commissione Ue tratterà l’accordo di libero scambi fra Europa e America. La Francia minaccia il veto in nome dell’eccezione culturale. Soluzione possibile: discussione senza decisione e rinvo al G8.
La politica è fatta di simboli e, talvolta, i simboli paralizzano la politica. Oggi i ministri del Commercio dell’Ue sono chiamati ad approvare il mandato negoziale con cui la Commissione Ue dovrà definire l’accordo di libero scambi fra Europa e America. La Francia minaccia il veto in nome dell’eccezione culturale. Non vuole che il settore degli audiovisivi sia contenuto nell’accordo prossimo venturo. Teme che lo strapotere di Hollywood, della Silicon Valley e della tecnologia statunitense possa alla lunga spazzare via l’industria del vecchio continente. Una paura, questa, tutt’altro che peregrina, viste le forze in campo.
Nella bozza di mandato negoziale alla Cultura sono riservate tutte le massime garanzie. Sono state definite proprio per tranquillizzare la Francia e poter avviare il confronto con Washington. C’è scritto che non si può in alcun modo modificare il regime vigente, dunque gli aiuti al grande schermo continueranno e così le quote minime per la trasmissione di programmi europei. Per quanto riguarda le tecnologie future si stabilisce che si interverrà in modo coerente col passato.
Parigi vuole anche la certezza di poter discutere ed esaminare ogni diavoleria che il domani ci porterà. Bruxelles risponde che va bene, che è precisato nel documento di partenza e che, comunque, “i contenuti della porgrammazione dipendono dall’autorità locale e nessuno può predire il futuro”.
Una fonte altolocata della capitale europea parla di “tanto rumore per nulla”. “Certo che ci sarà un’eccezione culturale, la differenza è che sarà scritta nell’intesa”, spiega. Oltretutto, aggiunge, “per gli americani non è proprio un problema”. E il testo sul tavolo “garantisce una livello di protezione analogo all’attuale per l’avvenire”. Il che non disturba Washington, sia chiaro.
Si parte ventisei contro uno.
I ventisei vogliono negoziare. Un centro studi britannico indipendente ha calcolato che l’economia europea potrebbe trarre un beneficio economico di 119 miliardi l’anno dall’intesa a stelle e strisce Sono circa 550 euro a famiglia. I fautori del patto sottolineano che si tratta di vantaggi ottenibili a basso prezzo, visto che togliere dazi o riscrivere regole è un processo a costo quasi zero. Sono interessati a fissare gli standard del futuro, dalle spine alle parti per le auto elettriche. Sanno che se li disegnerà l’Ue con gli usa, non dovremmo assecondare le scelte cinesi, coreane o giapponesi. E’ una battaglia globale a lunga scadenza.
L’Italia è nel gruppo che desidera procedere. Sebbene – fra gli altri – anche i quattro oscar nazionali Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Gabriele Salvatores e Giuseppe Tornatore, invochino l’eccezione, Roma ammette di essere interessata alla difesa della cultura, eppure ritiene il compromesso solido abbastanza per andare avanti col resto, che poi sono un sacco di soldi e opportunità. Puro pragmatismo. Inoltre, teme che escludere un dossier dia l’opportunità a Washington di chiederne anche lei qualche eccezione. I trasporti marittimi? Ogm? Etichette di origine alimentare?
A stamane, la Francia non è d’accordo. Lo fa per il suo cinema, per gli eredi dei Lumiere e di Truffaut, ha ragione a sentirsi minacciata dalle serie tv americane. Però ha tirato talmente la corda che ora è diventato tutto un simbolo e, in quanto tale, è un pericolo.
Se dice “sì”, il già debole François Hollande dovrà raccontare ai suoi elettori che è il primo presidente francese a non avere l’eccezione culturale. Perderebbe ulteriori consensi.
Se dice “no”, deve prendersi la responsabilità di far slittare tutto, cosa che infiammerebbe il g8 che si apre lunedì in Irlanda del Nord. Dovrà spiegare agli altri big europei e al presidente Obama le sue ragioni. E bloccare un processo vitale per un continente in decadenza e in crisi da sei anni.
In tempi recenti, l’Europa in realtà non ha mai fallito un simile appuntamento. La memoria consiglierebbe quindi di immaginare che avremo una intesa, in qualche modo. Eppure i francesi sembrano così duri. Ripeteranno lo strappo del 1964 sulla Difesa? Si accettano solo scommesse.
Le previsioni hanno davvero un senso limitato. I francesi giurano che vanno a spiegare la loro posizione, dicono che non si voterà oggi e che tutto slitta al G8 di lunedì e martedì, quando l’ue avrà di fronte Obama in persona. Promettono fumata perlomeno grigia.
Fra poche ore sapremo. Con la speranza che la tutela per la nostra storia di celluloide che ora diviìenta digitale sia quanto più grande realistico e possibile.

Fonte: La Stampa del 14 giugno 2013

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