• domenica , 22 Dicembre 2024

Grosse Koalition per Telecom

E’ difficile scrivere di Telecom con la tv accesa che offre l’indecente spettacolo di un dibattito parlamentare (sic) sull’argomento, in cui di tutto si tiene conto meno che degli interessi del Paese. Tuttavia, cerco di superare lo sconforto ponendomi il problema non di cosa è successo, bensì di cosa sarebbe opportuno che accadesse per chiudere l’ennesimo passaggio travagliato del nostro fragile capitalismo.
Si è detto in questi giorni, con fretta sospetta, che Marco Tronchetti Provera è ormai out – o peggio – e che il futuro di Telecom deve necessariamente prescindere da lui. Come in molte altre occasioni, i ruffiani di ieri sono diventati i killer di oggi, senza soluzione di continuità. Io, che non sono appartenuto alla prima categoria anche quando ho valutato i vantaggi dell’uscita di scena della “razza padana”, ora non sento la necessità di iscrivermi all’affollato partito degli scandalizzati, dal quale sono peraltro sicuro comincerà presto a defluire molta gente non appena la previsione su Tronchetti dovesse rivelarsi eccessiva. Naturalmente, con questo non intendo dire che il patron della Pirelli non abbia commesso degli errori – specie nella valutazione degli uomini, anche recentissimamente – né che le cose rimarranno come prima, non fosse altro perché Tronchetti dalla presidenza della Telecom si è dimesso (giustamente) e non è pensabile che vi possa facilmente ritornare. Dico solo che non è nell’interesse di nessuno – banche, governo, uomini politici, gruppi di potere – puntare allo show-down. Come si è già visto nella guerra intorno a Mediobanca, da questi scontri di potere escono perdenti tutti, anche quelli a cui sembra di aver vinto ai punti. Poteri deboli, altro che poteri forti. Allora, per una volta prevalga la ragionevolezza, e ci si attrezzi a trovare una soluzione.
Quale? Beh, si è detto che Telecom è un’azienda sana e con un debito che va sì ridotto, ma che non rappresenta un pericolo immediato e travolgente. Dunque, si accantoni per il momento il ragionamento sulla rete fissa – materia politicamente troppo incandescente – e si guardi allo scorporo di Tim non come ad una vendita, ma come un ritorno in Borsa. Per esempio, se dovesse esserne rimesso sul mercato il 49%, Telecom incasserebbe una quindicina di miliardi, cui si potrebbero aggiungere circa 6 miliardi derivanti dalla vendita di Brasil Telecom: in totale sarebbe cancellata la metà e più degli attuali 41 miliardi di debito, creando spazi sia per nuovi investimenti tecnologici (wimax, banda larga), sia per eventuali acquisizioni in Europa. Naturalmente, questo è un programma che non può essere realizzato da una società in stato di virtuale commissariamento, come è attualmente Telecom, ma da un quadro di comando stabile, che necessariamente passa per un preventivo riassetto azionario. D’altra parte, questa storia non è forse nata perché qualche banchiere – magari dotato di sponde governative – ha ricordato a Tronchetti che bisognava sistemare urgentemente il debito di Olimpia, giocando sulla differenza tra il valore delle azioni Telecom date a pegno e quello di Borsa? Ebbene, allora si metta mano al libro soci di Olimpia con un aumento di capitale e/o con apporti che la sistemino sul piano finanziario, e che nello stesso tempo definiscano un più forte assetto di controllo del gruppo telefonico. Avendo già deciso l’uscita di Hopa, Intesa e Unicredito, di fatto oggi Olimpia è posseduta all’80% da Pirelli e per il 20% da Edizione Holding dei Benetton. Tronchetti può dunque scendere – anche per evitare che la Consob cambi idea circa l’obbligo di consolidamento – facendo spazio a nuovi soci. Certo, la soluzione più semplice sarebbe che i Benetton decidessero di incrementare la loro partecipazione, ma così non sarà, e si può capirli visto che anche loro sono impegnati su un fronte, quello di Autostrade-Abertis, che coinvolge il governo. E trovare altri imprenditori non è affatto semplice. Più facile, invece, immaginare una compagine finanziaria, magari imperniata sull’asse Mediobanca-Generali (a quanto si dice, le loro quote di Telecom, finora rispettivamente di 1,54% e 2%, avrebbero raggiunto un 6-7% complessivo, e potrebbero essere conferite in Olimpia) con l’ausilio di Capitalia, degli stessi Benetton e forse di Ligresti, anche perchè sono gli stessi soci che consentono alla Camfin con solo il 19% di formare il patto di sindacato che blinda Pirelli. In effetti, in quest’ultimo salotto siede anche Intesa, ma ci si chiede se avrebbe senso il suo ritorno in Olimpia, o se piuttosto non finirebbe con lo scatenare nuove polemiche “prodiane”. A quel punto Tronchetti sarebbe non il socio ma uno dei soci di Telecom, che con gli altri concorre a stabilire gli assetti di comando, la governance e le strategie industriali del gruppo. Meno di quanto è stato finora, ma molto di più di quel “out” a cui molti lo hanno già appeso a testa in giù.

Fonte: Il Foglio del 29 settembre 2006

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