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Grilli ha sbagliato a fare i conti

L’imposta di bollo colpiva meno i depositi di maggiore importo.
L’ultimo autogol è la strana imposta di bollo varata dal governo con il decreto Salva-Italia, costruita in modo talmente strampalato da colpire con un prelievo fisso piuttosto salato di 34,5 euro i piccoli depositi di risparmio e con l’1,5 per mille quelli oltre i 5000 euro, per cui chi ha mille euro da investire, ci paga il 3,4 per cento, chi ne ha 100 mila appena 150, cioè appunto lo 0,15…
Un bell’esempio di progressività al contrario, contro il quale sta insorgendo in rete il mondo del risparmio gestito.
Ma quest’autogol sul risparmio gestito impallidisce rispetto alla clamorosa smentita opposta al governo dalla Corte dei conti presieduta da Luigi Giampaolino, che ha condotto alla revoca della manovra sulle aliquote Irpef e sulle detrazioni.
La magistratura contabile ha sancito, in sostanza, che con l’aumento dell’Iva e la riduzione delle prime due aliquote Irpef 20 milioni di contribuenti delle fasce più povere sarebbero stati penalizzati. E il governo, nella persona del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, ha dovuto fare marcia indietro.
E non basta. La scorsa settimana in un vertice riservato con i parlamentari e i «grand commis» addetti ai lavori, lo stesso Grilli, capo del dicastero economico, ha tracciato un quadro delle privatizzazioni demaniali a dir poco deludente, dal quale emerge di fatto, per quanto nessuno l’abbia confessato chiaro e tondo, che anche il modesto obiettivo dei 4/5 miliardi di ricavi attesi dalle vendite del mattone di Stato individuato a suo tempo sarà ben difficile da raggiungere.
Ma insomma, se un tecnico, o comunque il «governo tecnico» nel suo insieme, commette dei grossolani errori tecnici, cosa ne resta? L’interrogativo diventa legittimo di fronte a questo genere di stop-and-go.
E facilita al Pd la recita di quel ruolo di ostruzionismo morbido che con tutta evidenza Bersani vuole assumere da oggi alla data delle elezioni nazionali per accreditarsi come capo dell’unico schieramento «responsabile ma anti-Monti» che si presenti al giudizio degli elettori.
Insomma, si direbbe che Grilli stia diventando oggi, certo di fatto e non per scelta, il miglior alleato di Beppe Grillo. Al di là dell’assonanza buffa, è indubbio che questo suo operare impreciso e ondivago sul tema cruciale delle tasse accentua la sensazione di rabbia dei cittadini non solo dai partiti «vecchi» ma anche dal Palazzo nuovo, quello dei tecnici apartitici, che pure con Monti affermano ogni giorno di aver salvato l’Italia e si attendono, come ha sillabato glaciale il premier replicando alle minacce di sfiducia ricevute da Berlusconi, di essere ringraziati sperticatamente per quanto fatto e supplicati di continuare a farlo.
Ebbene, non secondo Grillo ma secondo la Corte dei Conti, ci sono venti milioni di italiani poco abbienti che ci avrebbero rimesso di tasca loro se la genialata pensata dal ministro Grilli sulle aliquote Irpef e sull’Iva fosse diventata legge. È credibile che questi elettori apprezzino il governo dei tecnici e lo rivogliano o è più verosimile pensare che non si fidino più neanche di Monti & C.?

Fonte: Italia Oggi del 3 novembre 2012

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